domenica 29 novembre 2015

LA MENZOGNA SUL COLESTEROLO

La menzogna sul Colesterolo del prof. Walter Hart Bach.

Il cardiochirurgo Bach, basa le sue conclusioni scientifiche su anni di lavoro. E’ quasi 80enne ed esercita ancora. In sintesi per lui la problematica dei valori di colesterolo alto è una problematica ampiamente superata. In questo libro dimostra che la realtà è diversa da come viene prospettata.

Bach, dopo decenni di ricerca, non ha potuto trovare alcun legame tra colesterolo ed aterosclerosi (indurimento delle arterie). Altrimenti ipocolesterolemizzanti e farmaci, secondo lui ed altri importanti medicamenti superflui, sono dannosi e spesso letali. Si tratta di miliardi di business nel settore alimentare e farmaceutico, commercio tenuto in vita con l’inganno.
Si parla addirittura di mafia del colesterolo.

FAR CALARE IL COLESTEROLO, SOPRATTUTTO MEDICALMENTE, E’ UN BUSINESS STRATOSFERICO.

Prodotti ipo-colesterolemizzanti, sia cibo che farmaci, vengono utilizzati da molte persone. Data l’entità del problema, vi è un interesse pubblico e tutti possono trarne beneficio.

Siamo di fronte ad un inganno planetario fatto di statistiche manipolate, di indagini sbrigative e convenienti che sono state definite e presentate come prove, e che alla resa dei conti si sono dimostrate in netto contrasto con i fatti. Ma nessuno si è preso cura di informare e di pubblicare questi fatti sfavorevoli e contrari agli interessi delle multinazionali.

DIVERSI STUDI, IGNORATI DAI MEDIA, DIMOSTRANO CHE IL COLESTEROLO ALTO NON PROVOCA DANNI CARDIACI E CHE LE STATINE SONO MICIDIALI.
Lo studio Symvastatin, ad esempio, dove 4.444 persone esaminate hanno portato ad una sola conclusione: un elevato livello di colesterolo non influenza lo sviluppo di arteriosclerosi o di infarto miocardico.  
                                                 
ABBASSARE I LIVELLI DI COLESTEROLO E’ INUTILE E DANNOSO.

Altro caso, lo studio finlandese multifattoriale, dove il livello di colesterolo di più di 2.000 persone è stata misurato: c’è stato un attacco di cuore tre volte più comune tra i soggetti trattati con ipo-colesterolemizzanti.      
                                                            
Trenta per cento di morti in più rispetto al gruppo non trattato.

Lo studio Helsinki Heart (1987, 700 soggetti) ha registrato un aumento del 40% di effetti collaterali mortali nei farmaci ipo-colesterolemizzanti, rispetto al gruppo di controllo.

Nel 1993, un secondo studio ha prodotto un tasso del 50 per cento. C’è stato pure un notevole incremento (43%) delle morti per cancro, sotto l’effetto di farmaci che abbassano il colesterolo.
Anche nel Framingham Study, con 4.500 soggetti testati, il trattamento con farmaci ipo-colesterolemizzanti ha comportato un aumento significativo di morti per cancro.

Idem per lo studio Clofibrat, con 1.000 soggetti partecipanti, e un incremento allarmante delle morti per cancro.

Il “Cuore US National, Lung and Blood Institute” ha fatto uno studio di qualche decennio su 650 mila soggetti: Il colesterolo alto, non favorisce lo sviluppo di aterosclerosi o di attacca cardiaco. Era evidente che più alto è il livello di colesterolo, minore è il rischio di cancro e di altre malattie.

giovedì 19 novembre 2015

ARTEMISIA: L’erba che cura il Cancro.

Artemisia: Questa erba uccide il 98% del tumore in sole 16 ore!             Ma nessuno ne parla!

I media ovviamente non potevano fare altro che nascondere con forza questa scoperta. Dovete sapere, infatti, che esiste un’erba il cui principio attivo, combinato con il ferro, è in grado di uccidere il tumore in sole 16 ore! Il suo nome è “Artemisia Annua”.

Ovviamente quest’erba è boicottata dalle lobby perché non costa nulla e la soluzione al problema cancro è molto rapido. Le case farmaceutiche puntano a soluzioni molto più durature e dispendiose per trarre profitto dalla salute dei pazienti, ma noi speriamo che ci aiutate a condividere questa notizia e farla giungere a chi davvero ne ha bisogno.

Come già sappiamo, il cancro è la malattia più letale esistente. Quest’erba, l’Artemisia Annua, è una di quelle cure che può uccidere fino al 98% le cellule tumorali in appena 16 ore. Vale a dire, secondo le ricerche pubblicate in “Life Science”.    
         
L’Artemisinina, derivata dall’Artemisia Annua, è stata utilizzata nella medicina cinese e può uccidere il 98% di cellule del cancro del polmone in meno di 16 ore.

In realtà però l’erba in questione da sola sconfigge il 28% delle cellule cancerogene; è la sua combinazione con il ferro che porta alla totale distruzione del tumore: artemisinina + ferro = guarigione…

In passato l’artemisinina è stata utilizzata come potente rimedio antimalarico, ma ora è dimostrato che questa cura è efficace anche nella lotta contro il cancro. Questo perché quando si aggiunge il ferro alle cellule tumorali infettate, attacca selettivamente le cellule “cattive”, e lascia quelle “buone” intatte.

Gli scienziati che seguono le ricerche, condotte presso l’Università della California, hanno dichiarato: “ In generale i nostri risultati mostrano che l’artemisinina ferma il fattore di trascrizione ‘E2F1’ ed interviene nella distruzione delle cellule tumorali del polmone, il che significa che controlla la crescita e la riproduzione delle cellule del cancro”.

Utilizzando una varietà resistente alle radiazioni delle cellule del cancro al seno (che aveva anche una elevata propensione per l’accumulo di ferro) l’artemisinina si è dimostrata avere un tasso di uccisione del cancro del 75% dopo appena 8 ore, e uno del quasi 100% dopo appena 24 ore.

L’ultimo lavoro, come accennato, risale al 2011 quando una company, che detiene un “mezzo brevetto”, ha creato in laboratorio una molecola sintetica che riproduce gli effetti dell’erba. Al momento dunque esistono dati sperimentali in vitro, ma perché si possa davvero usare il principio alla base dell’azione dell’Artemisia Annua ci vorranno ancora diversi passaggi, dalle procedure su animali fino alle sperimentazioni cliniche.

Insomma, occorrono ancora anni. Cosa bisogna pensare allora della notizia dell’efficacia di quest’erba? L’atteggiamento corretto è partire dal presupposto che il cancro è una malattia complicata, dovuta alla complessità del nostro organismo e al fatto che la vita media si è allungata. Dunque non bisogna assumere un atteggiamento di chiusura verso eventuali cure non convenzionali, purché siano razionali e rispettino la metodologia della comunità scientifica.

Il caso Stamina, ad esempio, dimostra che forse i 3 milioni di euro destinati alla sperimentazione sono stati tolti ad un’altra cura con la quale si potevano salvare delle vite.

Per il dottor Len Saputi si tratta addirittura di una cancer smart bomb, una bomba intelligente contro il cancro: l’artemisia, infatti, si sarebbe rivelata efficace nella distruzione del 75% delle cellule tumorali resistenti alle radiazioni, nel cancro al seno, ovvero dove un’elevata propensione ad accumulo di ferro, in sole 8 ore, balzate fino al 100% dopo soltanto 24 ore.

Dopo tutto questo tempo, la speranza di cure per debellare il cancro rimane sempre un perno fisso su cui ruotano troppi soldi e persone che muoiono, per non parlare di chi i soldi li spende per curarsi ingrassando le case farmaceutiche.

fonte

lunedì 9 novembre 2015

LA FARSA DEI FARI ACCESI DI GIORNO

Vi siete mai chiesti perché dovete accendere i fari dell’automobile anche di giorno, quando magari c’è un sole accecante e non ce n’è assolutamente bisogno?


Per motivi di sicurezza? Quali, se col sole non servono?

Per “uniformarci” agli altri paesi europei (altra favola in circolazione)? Beh, in Germania, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Spagna, Svizzera e Belgio non vige questo obbligo assurdo, che, al massimo, può avere (ed ha) un senso in inverno nei paesi scandinavi dell’estremo nord.

Nei quali è vero che si registrano in media meno incidenti che da noi, ma perché guidano in maniera più disciplinata, non perché hanno le luci accese.

E allora perché io, italiano, devo accendere i fari della mia auto anche se ciò non fa alcuna differenza né per la mia sicurezza, né per quella degli altri? Se ci sono pioggia battente, nebbia o condizioni di visibilità ridotta va bene, ma col sole…

Il famoso consiglio “luci accese anche di giorno, casco ben allacciato e prudenza, sempre” ha decisamente senso per un motociclista, che generalmente sa che il principale pericolo che corre sulle strade è quello di non essere “visto” (o spesso, non considerato) dagli altri mezzi in circolazione.

Ma un’auto, o meglio ancora un autocarro, perché mai dovrebbe tenere questi benedetti fari accesi in condizione di totale visibilità? 

Qui c’è ancora una volta aria di presa in giro e, per la risposta, tiriamo fuori un paio di cifre tratte da “Un futuro senza luce?”.

Nel libro sono descritti semplicemente i vari passaggi che permettono di calcolare (approssimando tutto per difetto) che con i fari accesi anche di giorno, il consumo annuo di carburante in più è di 41 litri per ogni veicolo (con un incremento percentuale che oscilla fra il 2,7 e il 4,19.

Ciò è dovuto in sostanza all’aumento dell’energia necessaria all’alternatore per permettere alle luci di funzionare nelle ore diurne. Se si considera che gli automezzi in circolazione sono circa 40 milioni, l’incremento complessivo dei consumi oscilla intorno a 1 miliardo e 500 milioni di litri di carburante.