lunedì 9 settembre 2019

L’AUTOFAGIA

L'autofagia è un processo fondamentale per la sopravvivenza cellulare, anche in condizioni sfavorevoli come mancanza di nutrienti o di ossigeno, frequenti nei tumori in crescita. Un nuovo studio mostra come potremmo agire su questo processo nella lotta ai tumori.

L’autofagia (“mangiare se stesso”, termine derivante dal greco e coniato da Christian de Duve nel 1963), premiata con il Nobel per la Medicina nel 2016, al biologo giapponese Yoshinori Oshumi, che è riuscito a osservare i dettagli di questo processo nel lievito usato per fare il pane, è un processo biologico fondamentale di sopravvivenza cellulare, grazie al quale la cellula sacrifica alcune sue parti degradandole per riciclarne i componenti e fronteggiare particolari situazioni fisiologiche o di stress ambientale, come ad esempio carenza di nutrienti.

Dal punto di vista evolutivo è un processo altamente conservato, presente cioè dai lieviti fino alle piante e agli animali e consente l'eliminazione di proteine a lunga emivita e organelli intracellulari, attraverso la formazione di vescicole che sequestrano il materiale citoplasmatico da degradare e riciclare poi 
all'interno dei lisosomi.


 L'autofagia è utilizzata di continuo dalle cellule, ne sono esempi classici il rimodellamento cellulare che si verifica durante lo sviluppo embrionale o il controllo delle infezioni virali e batteriche da parte dell'immunità innata.

Inoltre l'autofagia agisce anche come meccanismo anti-invecchiamento cellulare, in quanto consente l'eliminazione di membrane, proteine e organelli danneggiati dai radicali liberi dell'ossigeno che si accumulano con l'avanzare dell'età.


Allo stesso tempo però l'alterazione del suo normale funzionamento può accompagnare o addirittura essere responsabile dello sviluppo di numerose patologie, quali le malattie neuro-degenerative, le cardiomiopatie e il cancro.

Il ruolo dell'autofagia nel cancro è complesso, da un lato, l'autofagia infatti nelle prime fasi della trasformazione neoplastica può agire come soppressore tumorale prevenendo l'accumulo di proteine e organelli danneggiati e specie reattive dell'ossigeno che favoriscono le mutazioni al DNA.


Dall'altro lato l'abilità dell'autofagia di sostenere la sopravvivenza cellulare in condizioni estremamente frequenti in un tumore in crescita, potrebbe favorire la sopravvivenza delle cellule tumorali.

I tumori quindi sfruttano l'autofagia a proprio vantaggio, per promuovere la propria sopravvivenza attraverso la autoproduzione di substrati metabolici necessari per il sostentamento e la diffusione del tumore stesso.

Come afferma Piergiuseppe Pelicci, direttore Ricerca dell'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, "L'autofagia è il possibile nuovo 'tallone d'Achille' contro il cancro". "C'è un momento - osserva Pelicci - in cui il tumore è fragile perché si trova in una situazione in cui scarseggiano i nutrienti e in cui è a rischio la sopravvivenza della cellula tumorale.

Succede quando fa metastasi. Questo è il momento di massima fragilità. E in quel momento l'autofagia è importante per la cellula tumorale. Impedirla diventerà la modalità con cui fermare questo processo".


La scoperta del ruolo dell'autofagia nei tumori ha già portato finora allo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali molto promettenti. Recentemente è stato scoperto un nuovo meccanismo biologico che potrà essere di grande utilità nella terapia farmacologica del melanoma, tumore maligno della pelle la cui incidenza negli ultimi anni è in continua crescita, che coinvolge appunto il processo di autofagia.

Lo studio, condotto presso le Università di Salerno e di Napoli, coordinato da Simona Pisanti è stato pubblicato su Cell Death and Differentation, rivista del gruppo Nature.



Nello studio abbiamo individuato un nuovo meccanismo biologico attraverso il quale è possibile agire sul processo autofagico messo in atto dalle cellule tumorali come meccanismo di sopravvivenza e resistenza farmacologica ai chemioterapici.

Il melanoma è caratterizzato da elevati livelli di autofagia basale che rendono il tumore più aggressivo, più resistente alla chemioterapia e associato ad una prognosi peggiore e ad una maggiore mortalità.

Lo studio in oggetto ha permesso di individuare un nuovo meccanismo biologico che, se specificamente attivato all'interno della cellula tumorale, è in grado di agire sul processo autofagico protettivo bloccandolo e inducendo di conseguenza la morte cellulare e quindi la riduzione e l'eliminazione del tumore.

In sintesi, si tratta di indurre contemporaneamente l'autofagia a monte, spingendo la cellula a formare vescicole autofagiche di auto degradazione, bloccandone però il completamento a valle, quando ormai la cellula raggiunge un punto di non ritorno che non le consente più di recuperare e quindi sopravvivere, rendendo così inevitabile la sua morte come evento conclusivo.

Nello studio abbiamo inoltre individuato una nuova molecola farmacologicamente attiva, l'isopenteniladenosina, in grado appunto di modulare tale processo ed avere un'attività antitumorale specifica nel melanoma.

Si tratta ovviamente di uno studio preclinico condotto in laboratorio, ed ulteriori ricerche saranno necessarie per consentire lo sviluppo di questa molecola o di altre molecole simili con lo stesso meccanismo d'azione, come farmaci innovativi da utilizzare da soli o in combinazione con altri chemioterapici già in uso per il melanoma o con l'immunoterapia, nuova frontiera nel trattamento di questo tumore.

fonte









lunedì 18 marzo 2019

IL NOSTRO CORPO NEUTRALIZZA I TUMORI CHE NON SAPPIAMO DI AVERE


Luigi De Marchi, psicologo clinico e sociale, autore di numerosi saggi conosciuti a livello internazionale, parlando con un amico anatomo-patologo del Veneto sui dubbi dell’utilità delle diagnosi e delle terapie anti-tumorali, si sentì rispondere:
“Si, anch’io ho molti dubbi. Sapessi quante volte, nelle autopsie sui cadaveri di vecchi contadini delle nostre valli più sperdute ho trovato tumori regrediti e neutralizzati naturalmente dall’organismo: era tutta gente che era guarita da sola del suo tumore ed era poi morta per altre cause, del tutto indipendenti dalla patologia tumorale”.
“Se la tanto conclamata diffusione delle patologie cancerose negli ultimi decenni – si chiese Luigi De Marchi – in tutto l’Occidente avanzato fosse solo un’illusione ottica, prodotta dalla diffusione delle diagnosi precoci di tumori che un tempo passavano inosservati e regredivano naturalmente?

E se il tanto conclamato incremento della mortalità da cancro fosse solo il risultato sia dell’angoscia di morte prodotta dalle diagnosi precoci e dal clima terrorizzante degli ospedali, sia della debilitazione e intossicazione del paziente prodotte dalle terapie invasive, traumatizzanti e tossiche della medicina ufficiale?

Insomma, se fosse il risultato del blocco che l’angoscia della diagnosi e i danni delle terapie impongono ai processi naturali di regressione e guarigione dei tumori?”.
Con quanto detto da Luigi de Marchi – confermato anche da autopsie eseguite in Svizzera su cadaveri di persone morte non per malattia – si arriva alla sconvolgente conclusione che moltissime persone hanno (o avevano) uno o più tumori, ma non sanno (o sapevano) di averli.

In questa specifica indagine autoptica (autopsie) fatta in Svizzera, ed eseguita su migliaia di persone morte in incidenti stradali (quindi non per malattia), è risultato qualcosa di sconvolgente: il 38% delle donne (tra i 40 e 50 anni) presentavano un tumore (in situ) al seno; il 48% degli uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla prostata; il 100% delle donne e uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla tiroide.
Con tumore “in situ” s’intende un tumore “chiuso”, chiuso nella sua capsula, non invasivo, che può rimanere in questo stadio per molto tempo ed anche regredire. Nel corso della vita è infatti “normale” sviluppare tumori, e non a caso la stessa medicina sa bene che sono migliaia le cellule tumorali prodotte ogni giorno dall’organismo. Queste, poi, vengono distrutte e/o fagocitate dal sistema immunitario, se l’organismo funziona correttamente.
Molti tumori regrediscono o rimangono incistati per lungo tempo quando la Vis Medicratix Naturae (la forza risanatrice che ogni essere vivente possiede) è libera di agire. Secondo la medicina omeopatica, “la Legge di Guarigione” descrive il modo con cui tale forza vitale di ogni organismo reagisce alla malattia e ripristina la salute”.

Cosa succede alla Legge di Guarigione, al meccanismo vitale di autoguarigione, se dopo una diagnosi di cancro la vita viene letteralmente sconvolta dalla notizia del male? E cosa succede all’organismo (e al sistema immunitario) quando viene fortemente debilitato dai farmaci?


Poco nota al grande pubblico è la vasta ricerca condotta per 23 anni dal professor Hardin B. Jones, fisiologo dell’Università della California e presentata nel 1975 al Congresso di cancerologia presso l’Università di Berkeley. Oltre a denunciare l’uso di statistiche falsate, egli prova che i malati di tumore che non si sottopongono alle tre terapie canoniche (chemio, radio e chirurgia) sopravvivono più a lungo, o almeno quanto coloro che ricevono queste terapie.

Il professor Jones dimostra che le donne malate di cancro alla mammella che hanno rifiutato le terapie convenzionali mostrano una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro volte superiore a quella di 3 anni raggiunta da coloro che si sono invece sottoposte alle cure complete.
Un’altra ricerca pubblicata su “The Lancet” del 13 Dicembre 1975 (che riguarda 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi), dimostra che la vita media di quelli trattati con chemioterapia è stata di 75 giorni, mentre quelli che non ricevettero alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di 120 giorni.

Se queste ricerche sono veritiere, una persona malata di tumore ha statisticamente una percentuale maggiore di sopravvivenza se non segue i protocolli terapeutici ufficiali.

Con questo non si vuole assolutamente spingere le persone a non farsi gli esami, gli screening ed i trattamenti oncologici ufficiali, ma si vogliono fornire, semplicemente, delle informazioni che di norma vengono oscurate, censurate, e che possono – proprio per questo – aiutare la scelta terapeutica di una persona. Ma ricordo che la scelta è sempre e solo individuale: ogni persona, sana o malata che sia, deve assumersi la propria responsabilità, deve prendere in mano la propria vita.

Dobbiamo smetterla di delegare il medico, lo specialista, il mago, il santone che sia, per questo o quel problema. Dobbiamo essere gli unici artefici della nostra salute e nessun altro deve poter decidere al posto nostro.  Possiamo accettare dei consigli, quelli sì, ma niente più.














martedì 5 marzo 2019

SIAMO NEL 18° SECOLO?


L’ipotesi del Tempo Fantasma è una teoria revisionista della cronologia storica ufficiale formulata tra il 1980 e il 1990 dallo storico tedesco Heribert Illig

Secondo l’ipotesi del ricercatore, alcuni periodi della storia passata, in particolare quella europea durante il Medioevo (614-911 c.C.) non si sono affatto verificati, oppure si è volutamente datarli erroneamente.

Dunque tre secoli sarebbero stati inventati di sana pianta: ragion per cui, saremmo, in realtà, nel 1718!

Se fosse vero, non sarebbe semplicemente una cospirazione, ma la madre di tutte le cospirazioni un vero e proprio complotto temporale: ben 297 anni di storia, quelli tra il 614 e il 911, non sarebbero mai avvenuti e quindi deliberatamente inventati o volutamente datati in maniera erronea.

Questa teoria, conosciuta come l’ipotesi del Tempo Fantasma, è stata formulata da tre studiosi in tempi diversi: Hans Ulrich Niemitz, ingegnere ed ex direttore del Centro di Storia della Tecnologia di Berlino (1946-2010), lo storico tedesco Heribert Illig e Anatolij Timofeevic Fomenko, matematico, fisico e professore all’Università statale di Mosca.

Nell’introduzione al suo articolo “The Phantom Time Hypothesis”, il dottor Hans-Ulrich Niemitz chiede ai suoi lettori di essere pazienti, benevoli e aperti a idee radicalmente nuove, dato che le sue affermazioni sono tutt’altro che convenzionali.

Le tesi fondamentali esposte nel suo articolo sono tre:
1) centinaia di anni fa, il nostro calendario è stato manipolato aggiungendovi 297 anni che non si sono mai verificati;
2) quindi, oggi non siamo nel 2018 nel 1721;
3) i fautori di questa ipotesi non sono degli eccentrici.

La Teoria del Tempo Fantasma suggerisce che il Medioevo (614-911 d. C.) non è mai avvenuto, ma che questo periodo è stato aggiunto al calendario molto tempo fa, per caso, o per errata interpretazione dei documenti, o per falsificazione deliberata da cospiratori del tempo.

Ciò significa che tutti gli eventi attribuiti a questi tre secoli appartengono ad altri periodi, o che si siano verificati nello stesso momento, o che sono stati inventati di sana pianta.

Ma che prove ci sono a sostegno di queste affermazioni?

Sembrerebbe che gli storici siano afflitti da una quantità significativa di documenti falsificati in età medievale: questo è stato, infatti, il tema di un convegno archeologico tenutosi a Monaco nel 1986. 

Nel suo intervento, Horst Fuhrmann, presidente di Monumenta Germaniae Historica, ha spiegato come alcuni documenti siano stati falsificati durante il Medioevo, creando eventi datati centinaia di anni prima, entrando poi nella cronologia storica ufficiale.

Questo implicava che chiunque abbia prodotto le falsificazioni, aveva voluto molto abilmente anticipare il futuro, oppure introdurre qualche discrepanza nelle date.

Tanto è bastato per suscitare la curiosità di Herbert Illig, diventato uno dei principali sostenitori della teoria. Illig si è chiesto perché qualcuno avrebbe dovuto falsificare documenti centinaia di anni prima che potessero diventare utili. Così, lui, insieme al suo gruppo, ha esaminato altri falsi dei secoli precedenti.

La ricerca li ha portati a indagare sull’origine del calendario gregoriano, introdotto da Papa Gregorio XIII nel 1582 e che ancora oggi utilizziamo. Il calendario gregoriano fu progettato per sostituire il “Calendario Giuliano” (45 a.C.), per correggere una differenza di dieci giorni causata dal fatto che l’anno Giuliano è 10,8 minuti più lungo.

Ma, secondo i calcoli matematici di Illig, l’accumulo dei dieci giorni si sarebbe realizzato solo dopo 1.257 anni e non dopo 16 secoli. Sulla base di questi calcoli, il ricercatore suggerisce che il calendario sia stato riavviato, introducendo 297 anni di storia mai avvenuti, o riformulati cronologicamente. La conclusione più sconcertante di Illig è che la dinastia carolingia non sia mai esistita e che Carlo Magno sia un personaggio di fantasia.

Per sostenere ulteriormente la sua ipotesi, Illig sottolinea la scarsità di prove archeologiche attendibili databili al periodo tra il 614 ed il 911 d.C., l’eccessiva dipendenza degli storici medievali dalle fonti scritte e la presenza di architettura romanica nell’Europa occidentale del X secolo.

Tuttavia, la comunità scientifica ha proposto diversi metodi di datazione che sembrerebbero contraddire l’ipotesi di Illiq. Innanzitutto, le osservazioni astronomiche antiche concordano nelle datazioni, come gli avvistamenti della cometa Halley.

Inoltre, per quanto riguarda la riforma gregoriana, l’intento non era quello di portare il calendario in linea con quello giuliano, come era stato concepito nel 45 a.C., ma come era nel 325 d.C., anno del Concilio di Nicea, nel quale era stato stabilito il criterio per la data della Domenica di Pasqua, fissando l’equinozio di primavera al 20 Marzo del calendario giuliano.

Nel 1582, l’equinozio di primavera cadeva il 10 Marzo del calendario  giuliano, ma la Pasqua era ancora calcolata sull’equinozio nominale del 20 Marzo. C’era, dunque, una discrepanza tra le osservazioni astronomiche e la data nominale del calendario giuliano. I “tra secoli mancanti” di Illig corrispondono quindi a 369 anni fra l’istituzione del calendario giuliano nel 45 a.C. e la fissazione della Pasqua nel Concilio di Nicea del 325 d.C.

La Nuova Cronologia

Nonostante la difesa della cronologia ufficiale da parte della comunità scientifica, un altro ricercatore ha proposto una teoria simile in maniera indipendente, Anatolii Timofeevic Fomenko, matematico, fisico e scienziato russo, professore all’Università statale di Mosca. 

Come matematico si occupa di topologia, è membro dell’Accademia Russa delle Scienze ed è autore di 180 pubblicazioni scientifiche, 26 monografie e libri di testo.

E’ noto per essere autore della teoria conosciuta come Nuova Cronologia, secondo la quale tutti gli avvenimenti storici della storia del mondo sarebbero avvenuti in tempi diversi da quelli comunemente riconosciuti.

La teoria Anatolii Fomenko vuole che la cronologia tradizionale consista in realtà di quattro copie della “vera” cronologia (ciò che è veramente accaduto) che si sovrappongono, spostate indietro nel tempo di intervalli significativi (da 300 a 2.000 anni), con alcune revisioni.

Tutti gli eventi e i personaggi convenzionalmente datati prima dell’XI secolo sono o fittizi, o più comunemente rappresentanti “immagini riflesse fantasma” di eventi e personaggi medievali, trasportati da errori intenzionali o errate datazioni accidentali di documenti storici.

La nuova cronologia è radicalmente più corta più corta della cronologia convenzionale, perché tutta la storia dell’Antico Egitto, quella della Grecia antica e la storia romana vengono comprese nel Medioevo, e l’Alto Medioevo viene eliminato. 

Secondo Fomenko, la storia dell’umanità risale solo fino all’anno 800, visto che non avremmo a suo dire quasi informazioni sugli eventi fra l’800 ed il 1000, e la maggior parte degli eventi storici che conosciamo sarebbero avvenuti tra il 1000 ed il 1500.

Dunque, i nostri antenati erano tutti dei gran bugiardi? Oppure l’ipotesi del Tempo Fantasma è solo il parto di menti pseudoscientifiche particolarmente fervide? E’ possibile che la figura di Carlo Magno, ricca di aneddoti leggendari, sia simile a quella che ci ha tramandato la figura di Re Artù?

Esistono migliaia di falsi riconosciuti nel Medioevo: testamenti, testi di storia, cronache, ecc… Come riconoscere i documenti veritieri da quelli fittizi? Inoltre, l’alfabetizzazione non era molto diffusa. 

Dato che la maggior parte delle persone non era in grado di leggere o scrivere, come potevano verificare i fatti registrati nei documenti ufficiali. E’ visto che non vi erano organi di informazione real-time, di quali eventi storici la popolazione medievale era realmente al corrente?

In realtà, come rivela un articolo della BBC, le confutazioni sull’ipotesi del Tempo Fantasma non sono molto approfondite, essendo nella maggior parte dei casi commenti sprezzanti e indignati. E’ difficile, infatti, trovare testi accessibile che spigano in dettaglio perché è improbabile che tale teoria possa essere verosimile.

Ad ogni modo, staremo a vedere se gli studiosi tenteranno di revisionare l’intera cronologia che abbiamo studiato sui banchi di scuola, oppure continueranno a difenderla strenuamente” a prescindere”! 

L’unica riflessione che sembra suggerire questa teoria è che anche la cultura, se ci fosse ancora bisogno di conferme, può diventare uno strumento di controllo e di potere.