domenica 29 novembre 2015

LA MENZOGNA SUL COLESTEROLO

La menzogna sul Colesterolo del prof. Walter Hart Bach.

Il cardiochirurgo Bach, basa le sue conclusioni scientifiche su anni di lavoro. E’ quasi 80enne ed esercita ancora. In sintesi per lui la problematica dei valori di colesterolo alto è una problematica ampiamente superata. In questo libro dimostra che la realtà è diversa da come viene prospettata.

Bach, dopo decenni di ricerca, non ha potuto trovare alcun legame tra colesterolo ed aterosclerosi (indurimento delle arterie). Altrimenti ipocolesterolemizzanti e farmaci, secondo lui ed altri importanti medicamenti superflui, sono dannosi e spesso letali. Si tratta di miliardi di business nel settore alimentare e farmaceutico, commercio tenuto in vita con l’inganno.
Si parla addirittura di mafia del colesterolo.

FAR CALARE IL COLESTEROLO, SOPRATTUTTO MEDICALMENTE, E’ UN BUSINESS STRATOSFERICO.

Prodotti ipo-colesterolemizzanti, sia cibo che farmaci, vengono utilizzati da molte persone. Data l’entità del problema, vi è un interesse pubblico e tutti possono trarne beneficio.

Siamo di fronte ad un inganno planetario fatto di statistiche manipolate, di indagini sbrigative e convenienti che sono state definite e presentate come prove, e che alla resa dei conti si sono dimostrate in netto contrasto con i fatti. Ma nessuno si è preso cura di informare e di pubblicare questi fatti sfavorevoli e contrari agli interessi delle multinazionali.

DIVERSI STUDI, IGNORATI DAI MEDIA, DIMOSTRANO CHE IL COLESTEROLO ALTO NON PROVOCA DANNI CARDIACI E CHE LE STATINE SONO MICIDIALI.
Lo studio Symvastatin, ad esempio, dove 4.444 persone esaminate hanno portato ad una sola conclusione: un elevato livello di colesterolo non influenza lo sviluppo di arteriosclerosi o di infarto miocardico.  
                                                 
ABBASSARE I LIVELLI DI COLESTEROLO E’ INUTILE E DANNOSO.

Altro caso, lo studio finlandese multifattoriale, dove il livello di colesterolo di più di 2.000 persone è stata misurato: c’è stato un attacco di cuore tre volte più comune tra i soggetti trattati con ipo-colesterolemizzanti.      
                                                            
Trenta per cento di morti in più rispetto al gruppo non trattato.

Lo studio Helsinki Heart (1987, 700 soggetti) ha registrato un aumento del 40% di effetti collaterali mortali nei farmaci ipo-colesterolemizzanti, rispetto al gruppo di controllo.

Nel 1993, un secondo studio ha prodotto un tasso del 50 per cento. C’è stato pure un notevole incremento (43%) delle morti per cancro, sotto l’effetto di farmaci che abbassano il colesterolo.
Anche nel Framingham Study, con 4.500 soggetti testati, il trattamento con farmaci ipo-colesterolemizzanti ha comportato un aumento significativo di morti per cancro.

Idem per lo studio Clofibrat, con 1.000 soggetti partecipanti, e un incremento allarmante delle morti per cancro.

Il “Cuore US National, Lung and Blood Institute” ha fatto uno studio di qualche decennio su 650 mila soggetti: Il colesterolo alto, non favorisce lo sviluppo di aterosclerosi o di attacca cardiaco. Era evidente che più alto è il livello di colesterolo, minore è il rischio di cancro e di altre malattie.

giovedì 19 novembre 2015

ARTEMISIA: L’erba che cura il Cancro.

Artemisia: Questa erba uccide il 98% del tumore in sole 16 ore!             Ma nessuno ne parla!

I media ovviamente non potevano fare altro che nascondere con forza questa scoperta. Dovete sapere, infatti, che esiste un’erba il cui principio attivo, combinato con il ferro, è in grado di uccidere il tumore in sole 16 ore! Il suo nome è “Artemisia Annua”.

Ovviamente quest’erba è boicottata dalle lobby perché non costa nulla e la soluzione al problema cancro è molto rapido. Le case farmaceutiche puntano a soluzioni molto più durature e dispendiose per trarre profitto dalla salute dei pazienti, ma noi speriamo che ci aiutate a condividere questa notizia e farla giungere a chi davvero ne ha bisogno.

Come già sappiamo, il cancro è la malattia più letale esistente. Quest’erba, l’Artemisia Annua, è una di quelle cure che può uccidere fino al 98% le cellule tumorali in appena 16 ore. Vale a dire, secondo le ricerche pubblicate in “Life Science”.    
         
L’Artemisinina, derivata dall’Artemisia Annua, è stata utilizzata nella medicina cinese e può uccidere il 98% di cellule del cancro del polmone in meno di 16 ore.

In realtà però l’erba in questione da sola sconfigge il 28% delle cellule cancerogene; è la sua combinazione con il ferro che porta alla totale distruzione del tumore: artemisinina + ferro = guarigione…

In passato l’artemisinina è stata utilizzata come potente rimedio antimalarico, ma ora è dimostrato che questa cura è efficace anche nella lotta contro il cancro. Questo perché quando si aggiunge il ferro alle cellule tumorali infettate, attacca selettivamente le cellule “cattive”, e lascia quelle “buone” intatte.

Gli scienziati che seguono le ricerche, condotte presso l’Università della California, hanno dichiarato: “ In generale i nostri risultati mostrano che l’artemisinina ferma il fattore di trascrizione ‘E2F1’ ed interviene nella distruzione delle cellule tumorali del polmone, il che significa che controlla la crescita e la riproduzione delle cellule del cancro”.

Utilizzando una varietà resistente alle radiazioni delle cellule del cancro al seno (che aveva anche una elevata propensione per l’accumulo di ferro) l’artemisinina si è dimostrata avere un tasso di uccisione del cancro del 75% dopo appena 8 ore, e uno del quasi 100% dopo appena 24 ore.

L’ultimo lavoro, come accennato, risale al 2011 quando una company, che detiene un “mezzo brevetto”, ha creato in laboratorio una molecola sintetica che riproduce gli effetti dell’erba. Al momento dunque esistono dati sperimentali in vitro, ma perché si possa davvero usare il principio alla base dell’azione dell’Artemisia Annua ci vorranno ancora diversi passaggi, dalle procedure su animali fino alle sperimentazioni cliniche.

Insomma, occorrono ancora anni. Cosa bisogna pensare allora della notizia dell’efficacia di quest’erba? L’atteggiamento corretto è partire dal presupposto che il cancro è una malattia complicata, dovuta alla complessità del nostro organismo e al fatto che la vita media si è allungata. Dunque non bisogna assumere un atteggiamento di chiusura verso eventuali cure non convenzionali, purché siano razionali e rispettino la metodologia della comunità scientifica.

Il caso Stamina, ad esempio, dimostra che forse i 3 milioni di euro destinati alla sperimentazione sono stati tolti ad un’altra cura con la quale si potevano salvare delle vite.

Per il dottor Len Saputi si tratta addirittura di una cancer smart bomb, una bomba intelligente contro il cancro: l’artemisia, infatti, si sarebbe rivelata efficace nella distruzione del 75% delle cellule tumorali resistenti alle radiazioni, nel cancro al seno, ovvero dove un’elevata propensione ad accumulo di ferro, in sole 8 ore, balzate fino al 100% dopo soltanto 24 ore.

Dopo tutto questo tempo, la speranza di cure per debellare il cancro rimane sempre un perno fisso su cui ruotano troppi soldi e persone che muoiono, per non parlare di chi i soldi li spende per curarsi ingrassando le case farmaceutiche.

fonte

lunedì 9 novembre 2015

LA FARSA DEI FARI ACCESI DI GIORNO

Vi siete mai chiesti perché dovete accendere i fari dell’automobile anche di giorno, quando magari c’è un sole accecante e non ce n’è assolutamente bisogno?


Per motivi di sicurezza? Quali, se col sole non servono?

Per “uniformarci” agli altri paesi europei (altra favola in circolazione)? Beh, in Germania, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Spagna, Svizzera e Belgio non vige questo obbligo assurdo, che, al massimo, può avere (ed ha) un senso in inverno nei paesi scandinavi dell’estremo nord.

Nei quali è vero che si registrano in media meno incidenti che da noi, ma perché guidano in maniera più disciplinata, non perché hanno le luci accese.

E allora perché io, italiano, devo accendere i fari della mia auto anche se ciò non fa alcuna differenza né per la mia sicurezza, né per quella degli altri? Se ci sono pioggia battente, nebbia o condizioni di visibilità ridotta va bene, ma col sole…

Il famoso consiglio “luci accese anche di giorno, casco ben allacciato e prudenza, sempre” ha decisamente senso per un motociclista, che generalmente sa che il principale pericolo che corre sulle strade è quello di non essere “visto” (o spesso, non considerato) dagli altri mezzi in circolazione.

Ma un’auto, o meglio ancora un autocarro, perché mai dovrebbe tenere questi benedetti fari accesi in condizione di totale visibilità? 

Qui c’è ancora una volta aria di presa in giro e, per la risposta, tiriamo fuori un paio di cifre tratte da “Un futuro senza luce?”.

Nel libro sono descritti semplicemente i vari passaggi che permettono di calcolare (approssimando tutto per difetto) che con i fari accesi anche di giorno, il consumo annuo di carburante in più è di 41 litri per ogni veicolo (con un incremento percentuale che oscilla fra il 2,7 e il 4,19.

Ciò è dovuto in sostanza all’aumento dell’energia necessaria all’alternatore per permettere alle luci di funzionare nelle ore diurne. Se si considera che gli automezzi in circolazione sono circa 40 milioni, l’incremento complessivo dei consumi oscilla intorno a 1 miliardo e 500 milioni di litri di carburante.

giovedì 29 ottobre 2015

ARRIVA LA BAD BANK: Saranno gli ignari cittadini italiani a pagare i debiti delle banche.

Quella di nascondere norme, leggi e scelte di governo dietro nomi inglesizzanti è ormai una prassi abituale.

Si pensi alla spending review, la norma che prevede l’obbligo della riduzione della spesa per gli enti pubblici; o al Job Act, la legge voluta a tutti i costi dal governo Renzi, che avrebbe dovuto creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, ma che finora è servita ad eliminare il famoso art. 18 ed a rendere più facili i licenziamenti per le grandi imprese (per le piccole e medie imprese , ovvero la quasi totalità delle imprese italiane, non è cambiato quasi niente).

A questo modo di dire senza dire, recentemente si sono aggiunti due termini, come tutti gli altri sconosciuti alla maggior parte della gente: “Bad Bank” e “Non Performing Loans”. Ovviamente nonostante entrambi siano ormai una realtà (c’è chi dice che potrebbero essere portati in Parlamento addirittura entro pochi giorni) solo pochi tecnici sanno di cosa si tratta.

Per capire meglio cosa sta avvenendo sotto gli occhi (e dentro le tasche) degli italiani, forse è necessario fare un passo indietro nel tempo.

L’Italia sta attraversando forse la peggiore crisi a memoria d’uomo. Gli economisti sanno bene (tutti ad eccezione, forse, di quelli che sono stati incaricati di gestire il Belpaese) che, nei periodi di crisi, gli acquisti si riducono e la gente tende a mettere i propri pochi risparmi sotto il mattone.

Diminuendo gli acquisti, anche le aziende, in breve, ne risentono. Soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni. Circola poca moneta contante (sostituirla con moneta virtuale non serve a molto) e, in breve, si genera una spirale che finisce per influenzare tutti i settori della società: quello produttivo, quello economico, ma anche quello bancario.

Se la gente è povera, anche i mutui per l’acquisto i immobili o di altri beni calano e quelli sottoscritti nel periodo antecedente la crisi spesso finiscono “in sofferenza” a causa di interessi troppo alti.

mercoledì 21 ottobre 2015

PER NON FARCI PENSARE CI RUBANO IL TEMPO

Il rapporto tra la velocità ed il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza.
Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. 
E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità.

Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”?  I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo.

Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosa-crocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi Sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.

La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”?

sabato 10 ottobre 2015

DEUTSCHE BANK: imminente crack?

“Secondo alcune informazioni riservate di cui sono venuto a conoscenza – scrive Michael Snyder (Analista Internazionale) – sarebbe davvero imminente un grande evento finanziario che riguarda la Germania”.

In altre parole, “uno di quei momenti del tempo che presenta tutte le condizioni perché si ripeta un’altra Lehman Brothers”.

Certo, la gran parte degli osservatori tende a considerare la Germania come quel baluardo che tiene economicamente insieme tutta l’Europa, ma la verità è che sotto la sua superficie fermentano grosse difficoltà”.

L’indice azionario tedesco Dax è crollato quasi del 20% dal massimo storico raggiunto lo scorso aprile, sono numerosi i segni di agitazione all’interno della maggiore banca tedesca. La Deutsche Bank fa parte di quelle banche “troppo grandi per fallire”, che non crollano mai da un giorno all’altro. “Ma la verità è che ci sono sempre dei segni premonitori”.

Nei primi mesi del 2014, le azioni di Deutsche Bank sono state scambiate a più di 50 dollari. Da quel momento, scrive Snyder, il valore è caduto di oltre il 40% ed oggi si scambiano a meno di 29 dollari.

Attenzione: “E’ ben nota la natura profondamente corrotta della cultura aziendale della Deutsche Bank, e negli ultimi anni la banca è stata estremamente imprudente”.

Prima del “crollo improvviso” di Lehman Brothers il 15 Settembre 2008, sulla stampa c’erano state notizie di licenziamenti di massa nell’azienda: “Quando le grandi banche iniziano a trovarsi in guai seri, questo è quello che fanno: cominciano a sbarazzarsi del personale. Ecco perché sono così preoccupati i massicci tagli di posti di lavoro che la Deutsche Bank ha appena annunciato”.

martedì 29 settembre 2015

TROVATA LA CURA PER IL CANCRO IN CANADA

In Canada si trova la cura per il cancro,
ma le case farmaceutiche la ignorano.

I ricercatori dell’Università di Alberta, a Edmonton, in Canada hanno trovato la cura per il cancro, ma se ne parla pochissimo nei notiziari ed alla Tv.

E’ una tecnica semplice, si utilizza un farmaco molto semplice.

Il metodo impiega dicloroacetato, un farmaco molto conosciuto che è attualmente usato per trattare i disordini metabolici. Quindi, non vi è alcuna preoccupazione per gli effetti collaterali o gli effetti a lungo termine.

Questo farmaco non richiede un brevetto, per cui chiunque lo può utilizzare ampiamente ed è molto economico rispetto ai costosissimi farmaci antitumorali prodotti da grandi aziende farmaceutiche. Gli scienziati canadesi hanno testato questo dicloroacetato (DCA) sulle cellule dell’uomo, ed ha ucciso le cellule del cancro dal polmone, mammella e cervello ed ha lasciato intatte quelle sane.

E’ stato testato su topi con tumori gravi che si sono ridotti quando sono stati alimentati con acqua integrata con DCA. Il farmaco è ampiamente disponibile e la tecnica è facile da usare.

Perché le case farmaceutiche più importanti non sono coinvolte?                       O i media non ne sono interessati?

Nel corpo umano c’è un elemento naturale che lotta contro il cancro: i mitoconrdi, ma hanno bisogno di essere “spinti” per essere abbastanza efficaci ( i mitocondri sono organi contenuti in ogni cellula umana, con una struttura simile a quella dei batteri, e con un proprio DNA mitocondriale; la funzione principale del mitocondrio è quella di produrre energia).

Gli scienziati hanno sempre pensato che i mitocondri venissero danneggiati dal cancro e quindi hanno pensato di concentrarsi sulla glicolisi che è meno efficace e più dispendiosa. I produttori di farmaci si sono concentrati solo su questo metodo della glicolisi per combattere il cancro. Questo DCA invece non si basa sulla glicolisi ma sui mitocondri, “innesca” i mitocondri che combattono le cellule tumorali.

L’effetto collaterale di questo è che viene anche riattivato un processo chiamato apoptosi. I mitocondri contengono un fin troppo importante “pulsante di autodistruzione” che viene a mancare nelle cellule tumorali. Senza di esso, i tumori diventano più grandi e le cellule rifiutano di estinguersi. I mitocondri pienamente funzionanti, grazie al DCA invece possono finalmente morire.

Le aziende farmaceutiche non investono in questa ricerca perché il metodo DCA non può essere brevettato, senza un brevetto non possono guadagnarci nulla, con la chemioterapia classica invece fanno migliaia di miliardi di euro di profitto.

Dal momento che le case farmaceutiche non se ne interesseranno, altri laboratori indipendenti dovrebbero iniziare a produrre questo farmaco e fare ulteriori ricerche per confermare le conclusioni di cui sopra e produrre i farmaci.


Le cellule normali (blu) nel bel mezzo della crescita benigna sono affamate di ossigeno, ma possono sopravvivere con la glicosi, un modo diverso di fare energia. Nel processo i mitocondri, che contengono il meccanismo di autodistruzione cellulare, si spengono. Queste rende le cellule “immortali” e cangerogene (rosso), così esse continuano a replicarsi e il tumore cresce.

La Glicosi genera anche l’acido lattico che permette al cancro di mangiare cellule attraverso il tessuto, e formare tumori secondari in altre parti del corpo. 

Un farmaco chiamato dicloacetato rimette in funzione i mitocondri nelle cellule tumorali (blu) in modo che esse fermino la glicolisi e inizino a produrre energia di nuovo dai mitocondri. Il meccanismo di autodistruzione è quindi attivato, e le cellule avvizziscono e muoiono (marrone).

martedì 22 settembre 2015

INVENTATA L’ACQUA IN POLVERE

Si chiama Solid Rain, arriva dal Messico ed è acqua in polvere anche se a prima vista assomiglia allo zucchero.

L’idea dell’ingegnere chimico Sergio Rico è un rimedio contro la siccità che potrebbe rivoluzionare la vita dei contadini di tutto il mondo.

Ci sono aree del mondo in cui il cibo scarseggia, la popolazione soffre per fame e l’economia agricola è spesso bloccata. Colpa delle rare piogge, dei periodi di clima troppo secco, dei terreni aridi. Ma alla carestia può esserci un rimedio, è questa l’idea dell’ingegnere chimico Sergio Rico, inventore del rivoluzionario prodotto Solid Rain per migliorare la siccità  delle campagne messicane.

E’ una polvere che assomiglia allo zucchero. Non è dannosa per l’ambiente, minimizza i tempi di lavoro, incrementa la resa, fa risparmiare tempo e …acqua. Si acquista per 25 dollari a libbra e permette la crescita delle piante anche in assenza di pioggia, trasformando la vita degli agricoltori, ma non solo.

Ispiratosi ai pannolini per neonati, che assorbono grandi quantità di liquido in uno spazio limitato, la mente ingegneristica di Sergio Rico ha sviluppato un polimero assorbente a base di potassio che assorbe acqua fino a 500 volte la sua quantità originale.

Soltanto 10 grammi di prodotto assorbono un litro d’acqua e si trasformano in un gel denso e trasparente da utilizzare nella coltivazione.

Una volta mischiato il terreno, pensate al materiale come a una riserva d’acqua disponibile per circa un anno.

Le ricerche mostrano come si risparmino costi in termini di tempo, dedicato alla cura di un campo e in termini di quantità d’acqua per l’irrigazione. Verrà meno infatti la perdita di acqua per evaporazione o per infiltrazione, così come la dispersione di sostanze nutritive del terreno che spesso scivolano via con l’irrigazione.

Implementato per circa un decennio in uno studio del governo messicano nella regione semi arida dell’Hidalgo, soggetta a periodi di siccità, Solid Rain ha già dato grandi risultati.

I campi coltivati utilizzando il prodotto mostrano una resa del raccolto altissima: 3000 kg di fagioli per ettaro, invece dei 450 kg con innaffiamento tradizionale.

Premiato dal Stockholm International Water Institute e dalla Fondazione Miguel Aleman ricevendo premi per l’ecologia, Solid Rain è arrivato anche negli Stati Uniti, dove ormai è un prodotto popolare nella cura dei campi da golf e degli apprezzamenti di terreno con molto prato.

Dire che Solid Rain diventi la nuova frontiera dello sviluppo rurale è ancora azzardato, ma i risultati finora ottenuti sono tangibili. Siccità, desertificazione e terreno poco fertile sono solo alcune piaghe di molte aree rurali del sud del mondo con scarso accesso alle nuove tecnologie.


L’esperienza tra le coltivazioni messicane può rappresentare un esempio di innovazione “verde” che pensa anche alle nuove generazioni risparmiando sul consumo di acqua, minimizzando i tempi di lavoro e garantendo maggiore autonomia economica ai coltivatori.

martedì 15 settembre 2015

EBOLA: la genesi di una paura infondata

Il virus Ebola è diventato rapidamente protagonista delle cronache, giornali e tg dedicano ampio spazio alla cronaca della sua espansione, alla conta dei morti e, soprattutto, ad approfondire quella che è la paura principale di ascoltatori e lettori: la possibilità che questo virus, finora circoscritto quasi esclusivamente in Guinea, Sierra Leone e Liberia, possa arrivare in Europa e contagiarci.

Ad alimentare la paura, oltre alla virulenza di Ebola e la sua alta mortalità, soprattutto il fatto che si tratti di un virus del quale si sa ancora molto poco e contro il quale non esistono al momento vaccini o cure che abbiano concluso la fase di sperimentazione e quindi utilizzabili su grande scala.

UN VIRUS CHE GLI ESPERTI DEFINISCONO “STUPIDO”.

Ma è una paura fondata? Secondo la semi-totalità degli esperti non lo è nella maniera più assoluta.

Ad esempio Peter Piot, direttore della London School of Hygiene and Tropical Medicine, nonché una delle due persone che ha scoperto il virus nel 1975 ha affermato: “Non mi preoccuperei di essere seduto a fianco di un malato di Ebola in metropolitana a meno che non mi vomiti addosso. Si tratta di una malattia che richiede un contatto molto ravvicinato con i fluidi corporei”.

Mentre Fabrizio Pregliasco, virologo del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute all’Università di Milano, ha definito senza mezzi termini Ebola come “un virus stupido”, in quanto “uccide troppo e troppo velocemente e quindi non riesce ad evolversi”.

Infatti l’alta mortalità del virus (quasi il 90% dei contagiati non sopravvive) e il suo decorso velocissimo (il contagiato manifesta quasi immediatamente i sintomi e in massimo 20 giorni sopraggiunge il decesso), sono allo stesso tempo il motivo per cui questo virus ci spaventa così tanto.

Ma anche la ragione per cui è difficilissimo un suo sviluppo su scala mondiale, nel senso che un malato è quasi subito non solo identificabile, ma anche troppo provato per trasmettere la malattia, la quale ha una modalità di trasmissione piuttosto complicata possibile solo attraverso uno scambio di fluidi corporei.

OGNI GIORNO LA TBC FA IL NUMERO DI MORTI CHE EBOLA HA FATTO IN 38 ANNI. Questo ovviamente non significa voler smentire che Ebola sia un allarme reale per i paesi africani coinvolti o che in questa sua nuova ondata abbia avuto una diffusione senza precedenti.

Sono entrambe affermazioni vere.
Ma passando alla fredda ma efficace rassegna statistica apprendiamo che fino ad oggi l’ultima epidemia di Ebola ha provocato poco meno di 3.000 morti secondo i dati dell’Oms, mentre in tutta la sua storia, cominciata nel 1976 quando venne segnalato il primo caso, e segnata da 24 cicli epidemici, i morti totali sono poco meno di cinquemila.

Una media di 130 morti all’anno per 38 anni. Di epatite muoiono oltre un milione di persone ogni anno (600mila per la sola variante B), di influenza circa 500.000, di Papilloma Virus 275.000 e di Rabbia oltre 55.000.

Altri virus insomma dovrebbero destare ben più paura, tra questi soprattutto la Tubercolosi, malattia di sapore ottocentesco che si credeva ampiamente sconfitta e che invece è tornata più letale che mai in una nuova variante (TB-MDR) che resiste a tutte le cure esistenti e nel solo 2012 secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha colpito 8,6 milioni di persone, provocando 1,3 milioni di morti.

E, tra parentesi, da anni è tornata a mietere vittime anche in Usa ed Europa.

AVETE PRESENTE IL FILM OUTBREAK CON DUSTIN HOFFMAN?
Torniamo quindi alla questione iniziale: per quale ragione Ebola fa così paura? Beh, vi ricordate del libro The Hot Zone di Richard Preston? E del film Outbreak (Virus Letale) di Wolfgang Petersen?

Secondo lo scrittore David Quammen il tutto inizia esattamente da queste due opere. The Hot Zone, pubblicato nel 1994, è stato un autentico best-seller della letteratura )para-scientifica americana.

Racconta di un incidente batteriologico in un laboratorio di Washington e mette in guardia il pubblico dalla probabilità che Ebola possa abbattersi su tutto il mondo, condendo il tutto con dettagli splatter ed inventati sugli effetti del virus sugli umani, cose tipo corpi di malati che diventano una poltiglia informe di carne e sangue.

Nel 1995 esce invece in tutto il mondo, distribuito dal colosso Warner Bros, il film Outbreak (Virus Letale) con Dustin Hoffman. Il film è sostanzialmente la solita americanata trita e ritrita dove il buono di turno combatte per salvare il pianeta dal disastro imminente.

Solo che nella sceneggiatura di Petersen il male ha le vesti di una versione modificata del virus Ebola che minaccia l’America non solo per la sua viralità, ma anche per il potenziale utilizzo come arma di bio-terrorismo.

DALLA CULTURA DI MASSA ALLA PAURA DI MASSA.

Dal successo della fiction alla trasposizione sulla realtà delle paranoie apprese da essa il passo può essere molto breve. Tanto più se l’opera proviene dalla multinazionale produttrice di cultura di massa per eccellenza: Hollywood.

Non è un caso che negli Usa si segnalino in questi giorni veri e propri casi di psicosi di massa sul virus Ebola, tanto che la decisione delle autorità di rimpatriare un medico che aveva contratto il virus in Africa per prestargli cure ad Atlanta, ha portato ad una ondata di proteste di cittadini spaventati, mentre i media facevano ore di diretta sulla questione e politici in cerca di facili dosi di visibilità mediatica rilanciavano l’allarme su Twitter.

Dalle TV americane a quelle europee il passo è breve, ed eccovi servito l’allarme dell’estate 2014. Il tutto mentre, facendo un rapido calcolo, nel solo tempo che il sottoscritto ha impiegato per scrivere quest’articolo, almeno 1.400 persone si sono ammalate di Tubercolosi ed altre 190 sono morte.

domenica 6 settembre 2015

INVENTATA LA BOTTIGLIA CHE SI PUO’ MANGIARE

Una bottiglietta rivoluzionaria, che non inquina, ecologica e per giunta si può anche mangiare.


Un materiale ecologico, rispettoso dell’ambiente, che non inquina e in più si può mangiare; è una nuova bottiglia inventata da un gruppo di scienziati, utilizzando la tecnica innovativa, già in uso da molti chef, per la preparazione dei loro piatti. 

Fino ad oggi, la plastica è stato il materiale più usato come recipiente per molti prodotti alimentari, in particolare per contenere i liquidi (bibite, latte, acqua ecc…); però è uno dei materiali meno biodegradabili al mondo, quindi molto inquinante per l’ambiente, ed è per questo motivo che si sta facendo il possibile per riciclarlo o addirittura eliminarlo del tutto dal mercato.

Grazie alla tecnica della sferificazione, si è riusciti a creare un contenitore gelatinoso che, al suo interno, racchiude il liquido da bere. La sferificazione è un procedimento (già in uso da molto tempo in ambito gastronomico) grazie al quale gli chef possono trasformare sostanze commestibili in forma più o meno solida, per dare ai loro piatti un tocco artistico di gran classe.

Questa tecnica usata nella gastronomia molecolare, resa famosa dallo chef Ferran Adrià, permette di creare ravioli o caviale con una textura rigida all’esterno lasciando l’interno in forma liquida, dando una particolare sensazione al palato di chi degusta il piatto.

Questa trasformazione, da liquido a solido, usata anche per creare la nuova bottiglia commestibile chiamata Ooho, si ottiene miscelando un liquido con alginato e successivamente il prodotto viene immerso in un bagno calcico (acqua mescolata a calcio) e immediatamente trasferito in acqua neutra, per eliminare il calcio, e fermare il processo di sferificazione, rendendo così l’esterno del materiale più solido.

Grazie a questa scoperta innovativa, gli scienziati Rodrigo Garcia Gonzales, Pierre Paslier e Guillaume Couche, sono riusciti a realizzare la bottiglia commestibile che può contenere acqua, vincendo, per giunta, il prestigioso premio “Lexus Design Award 2014”, dando un nuovo imput alle case produttrici di materiale plastico.

Ooho, la bottiglia che si può mangiare, è un contenitore gelatinoso composto di due membrane: una interna che racchiude l’acqua e l’altra esterna che protegge sia la membrana interna che l’acqua da bere.

La membrana esterna, gelatinosa, composta di alghe brune e cloruro di calcio è resistente e protegge l’interno membranoso più sottile e l’acqua; come avviene nell’uovo, dove una membrana separa il tuorlo dall’albume.

La particolarità della bottiglia Ooho è dopo aver bevuto l’acqua, la si può anche mangiare, evitando così il problema di abbandonare nell’ambiente il contenitore vuoto, anche se ovviamente è biodegradabile e non inquinante.

Il piccolo problema di questa bottiglia commestibile è che il suo sapore non è ottimo, ma se si riesce ad ingerirla non provoca nessun danno collaterale nell’organismo. Presto questo materiale sostituirà la plastica, speriamo che oltre ad essere utile per l’ambiente, gli scienziati riescano a darle un buon sapore.

domenica 30 agosto 2015

VUOI ESSERE FELICE? Allora evita queste abitudini.

Quando smetti di fare le cose sbagliate, automaticamente crei più spazio per le cose che ti rendono felice. Quindi, a partire da oggi…

    Smetti di dare la colpa agli altri.

Smetti di incolpare gli altri per quello che ti capita nella tua vita. Quando dai la colpa agli altri per ciò che ti accade, stai rifiutando di assumerti la responsabilità della tua vita e stai evitando di affrontare i tuoi problemi.
Riprenditi il potere di decidere le sorti della tua esistenza e trova negli altri un alleato, non un nemico. Dare la colpa al prossimo è soltanto una scusa e le scuse sono il primo passo verso il fallimento. L’unico responsabile della tua vita e delle tue scelte sei tu.

Smetti di cercare di evitare i cambiamenti.

Se nulla cambiasse non esisterebbe neppure l’alba del mattino seguente. Molti di noi sono a proprio agio dove si trovano, anche se l’intero universo che ci circonda è in continua evoluzione.
Imparare ad accettare questo è vitale per la nostra felicità e il nostro benessere. Perché solo quando si cambia si cresce, e solo attraverso il cambiamento cominciamo a vedere un mondo che non sapevamo potesse esistere.
E non dimenticare che la tua situazione attuale, per quanto positiva o negativa che sia, presto o tardi cambierà. Questa è l’unica cosa su cui puoi fare affidamento. Allora abbraccia il cambiamento, perché questo è il vero alleato della tua crescita.

martedì 18 agosto 2015

LAMENTARSI SERVE A POCO

Oggi voglio parlarvi di un comportamento ormai comune all’umanità odierna e meccanica: il lamentarsi.

In particolare voglio occuparmi del lamentoso.

Il lamentoso è colui il quale vede tutto “nero”, senza via d’uscita, osserva ogni problema col microscopio fissandosi su di esso ed ingigandendolo.

Tutto “normale” fin qui, visto anche il periodo in cui versa l’umanità, periodo di grandi cambiamenti climatici, sociali, politici, economici, insomma in tutti i campi. Il problema è che il lamentoso cerca qualcuno sul quale sfogare le proprie frustrazioni rendendolo, per ciò stesso partecipe dei propri problemi e “sciagure”.

Si, perché il lamentoso fa della Vita mera sopravvivenza rendendosi proprio per questo vittima del caso. Il lamentoso crede in un destino già scritto, del resto questo gli conviene così non deve effettuare nessuno sforzo per migliorare se stesso e, di conseguenza, la propria Vita.

Quanto incontrate un lamentoso non aspettatevi di poter dialogare a doppio senso perché, prima o poi, lui comincerà a parlare di se e dei suoi problemi senza concedervi spazi per poter, a vostra volta, conversare.

Del resto, secondo lui, i problemi sono solo suoi e sembrano perseguitarlo. Il lamentoso ingrandisce ogni accadimento che non riesce ad accettare, trasformandolo in tragedia.

martedì 4 agosto 2015

CHEMIOTERAPIA: Quello che non viene detto.

Sono passati oltre 30 anni da quando l’allora Presidente degli Stati Uniti, Nixon, dichiarò ufficialmente guerra al cancro. 

Da allora è stato speso molto denaro nelle terapie oncologiche tradizionali, ma di tumore si continua a morire: la mortalità, a 5 anni dalla diagnosi, negli Stati Uniti è addirittura aumentata.

Uno studio pubblicato nel 1975 sulla rivista medica Lancet destò scalpore. Dei ricercatori inglesi effettuarono uno studio prospettico randomizzato su 188 pazienti con cancro inoperabile ai bronchi e scoprirono che la vita media di quelli trattati con chemioterapia completa fu di tre volte più breve rispetto a quelli che non ricevettero alcun trattamento.

Interessante è a questo proposito la consultazione del National Cancer Institute (NCI) che utilizza la riduzione della massa tumorale e la sopravvivenza media a 5 anni dalla diagnosi come indici di efficacia delle terapie effettuate; ma in alcuni casi la riduzione della massa tumorale non appare essere decisiva per la sopravvivenza del paziente.

lunedì 27 luglio 2015

LA RUSSIA E LA FREE ENERGY DI NIKOLA TESLA

Gli USA vogliono fermare la Russia perché sta investendo nella tecnologia di Nikola Tesla.

Gli USA vogliono fermare la Russia per evitare il crollo del petrolio.  I Russi stanno investendo sulla tecnologia di Tesla per produrre elettricità gratis via etere.

Se vogliamo essere liberi dobbiamo ottenere la Free Energy di Tesla”.
Così la pensano i russi. Essa potrebbe permettere la distribuzione di energia elettrica a costo zero, senza uso di cavi e accessibile a tutti sul pianeta.

Negli ultimi 20 anni gli Stati Uniti hanno distrutto mediamente 1 nazione intera ogni 2 anni, per mantenere il proprio potere basato su petrolio e dollari.

Gli Stati Uniti stanno cercando di fermare la Russia per evitare il crollo del loro impero coloniale e industriale basato sul petrolio e quindi sul sistema monetario del dollaro, valuta monetaria con cui oggi avvengono la maggior parte dei pagamenti per l’acquisto di petrolio nel mondo e su cui si basa la dittatura bancaria moderna (che si è sostituita alla sovranità degli stati nazionali).

Crollando il sistema energetico del petrolio, in poco tempo finirà il flusso di dollari che oggi alimenta le industrie d’armi americane, e quindi finirà anche la continua serie di guerre provocate, alimentate e volute dagli Stati Uniti.

Chissà, forse il condizionale non sarebbe qui servito se la Wardenclyffe Tower del geniale scienziato serbo Nikola Tesla, costruita all’inizio del xx secolo avesse portato alla creazione di un sistema efficace di trasmissione e di produzione di energia elettrica libera in tutto il mondo.

Quello che successe cent’anni addietro è tuttora avvolto nel mistero.
Si sono conservate soltanto le impressioni prodotte su abitanti locali e su giornalisti dallo splendore celeste “ per migliaia di miglia” causato dalla Torre di Tesla.

lunedì 20 luglio 2015

SVELATO IL MISTERO DEL TRIANGOLO DELLE BERMUDA


Il triangolo delle Bermude o delle Bermuda è una zona dell’Oceano Atlantico settentrionale di forma per l’appunto triangolare, i cui vertici sono:

Vertice Nord – il punto più meridionale della costa dell’arcipelago delle Bermude;

Vertice Sud – il punto più occidentale dell’isola di Porto Rico;

Vertice Est – il punto più a Sud della penisola della Florida.

In relazione a questa vasta zona di mare, di circa 1.100.000 km2, a partire dagli anni cinquanta la cultura popolare ha fatto sì che nascesse la convinzione che si fossero verificati dal 1800 in poi numerosi episodi di sparizioni di navi e aeromobili, motivo per cui alcuni autori hanno soprannominato la zona “Triangolo Maledetto” o “Triangolo del Diavolo”.

INTERVISTA A PIER LUIGI IGHINA SUL TRIANGOLO DELLE BERMUDE

Cosa c’è in comune tra Cristoforo Colombo e gli astronauti dell’Apollo XII?

La risposta, anche se può sembrare paradossale, è:

martedì 14 luglio 2015

LA TRUFFA DELL’UNITA’ D’ITALIA


Il processo di Unita d’Italia ha visto come protagonisti una sfilza di uomini più o meno celebri, i cosiddetti padri del Risorgimento. Dal Nord al Sud Italia ogni piazza o via principale si fregia di nomi illustri:
 Garibaldi, Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele etc.

Il popolo viene indottrinato fin dalla più tenera età a considerare costoro dei veri eroi, gli artisti li raffigurano esaltando il loro valore in maniera da rafforzare il mito che li circonda.

Innumerevoli sono infatti le opere d’arte che ritraggono l’eroe dei due Mondi a cavallo…ora in piedi che impugna alta la sua spada, alcune volte indossa la celebre camicia rossa…altre volte si regge su un paio di stampelle come un martire.

mercoledì 8 luglio 2015

CAMBIARE STILE DI VITA PER NON CAMBIARE PIANETA

Esiste un luogo dove ciò che rischia di accadere al pianeta Terra entro la fine del secolo può essere visto in anticipo, e questo posto è in Italia.
 Più precisamente al largo di Ischia, presso i fondali che circondano la fortezza del Castello Aragonese.

Qui i camini vulcanici sotterranei pompano costantemente anidride carbonica nell’acqua, alterandone la composizione chimica fino ad abbassare il PH delle acque a 7,8: ovvero lo stesso livello che secondo gli scienziati tutti i mari raggiungeranno verso il 2100 (oggi è di 8,1) se non si farà qualcosa per combattere inquinamento e surriscaldamento globale.

Ebbene, in questo spicchio di mare il fondale assomiglia ad un paesaggio lunare, senza alghe né molluschi ed i ricercatori della Stazione Geologica di Ischia che ne studiano l’habitat, hanno rilevato che i pesci che lo abitano perdono l’orientamento e non percepiscono gli odori, mentre i gamberi producono delle mutazioni genetiche per adattarsi all’ambiente.

Dovesse verificarsi lo stesso fenomeno in tutti i mari del mondo sarebbe una catastrofe: il 70% delle specie marine sarebbero a rischio estinzione e le barriere coralline scomparirebbero.

Mentre sulle terre emerse ci troveremmo di fronte alla desertificazione delle aree più calde ed alla scomparsa sott’acqua di buona parte delle zone costiere a causa dell’innalzamento del livello dei mari prodotto dallo scongelamento dei ghiacciai.

In pratica l’intero ecosistema del pianeta sarebbe a rischio.
Il motivo di questo potenziale cataclisma è semplice: una parte dei sette miliardi di abitanti del pianeta Terra, posti in gran parte in Europa e Nord America, sta conducendo uno stile di vita incompatibile con la sopravvivenza del pianeta: sta consumando più risorse del dovuto ed emettendo nell’ambiente  una quantità di CO2 superiore a quella che l’ecosistema è in grado di riassorbire.