Il rapporto tra la velocità ed il tempo è cambiato solo
negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di
efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente
simbolico di ritardo e inefficienza.
Una persona che ha dei problemi la chiamiamo
“ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la
capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo.
E’ un ritardo, che per noi
oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità.
Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè
“affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case
nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo.
Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre.
Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del
rosa-crocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle
ceneri”. Manzoni, nei “Promessi Sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”:
veloce, ma con prudenza.
La velocità percepita come virtù è un’acquisizione
molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un
valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto
che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”?
Nel film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e
Troisi, Leonardo è un ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono
state tolte perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i
suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000 pagine
di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi.
Il tempo è un bene
collettivo, ma non è vero: il tempo è denaro, si dice, ma non è vero: il tempo
non è denaro.
Il denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro
potrai sempre recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E
questo è fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati,
nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere mondiale,
è fondato sulla sottrazione del nostro tempo.
Il tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto:
perché, in quanto moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di
potere. Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo.
La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare
l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in
consumatore. Meno si pensa, e più si consuma.
Il
miglior consumatore è quello non pensante.
Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate. In
tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di
racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una
narrazione destinata anche a se stessi.
E quella stessa narrazione era un modo anche per
pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli.
Il
pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non
pensare. Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. Se un grande
filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque esisto) ci
sarà pure un motivo, no?
E quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non
farci pensare. Ma dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook
– che è un modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si
va a riguardare le scemate che ha scritto in precedenza?
Facebook non è un libro, un quaderno. E poi a un certo
punto ti impedisce di andare indietro. E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini
del grande progetto: la sottrazione del tempo. Noi non pensiamo, perché il
tempo ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo.
Chi di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si
iscrive al partito che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e
facendo causa per averli, i congressi?
Certo nessuno nega che anche Facebook abbia anche i
suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del resto, nessuna cosa è
mai interamente negativa. In una rivisitazione del “Dottor Jekyll”, Mister Hide
deve fare un’azione malvagia, pesca un pesciolino dalla boccia e dice “adesso
lo do al gatto”, ma poi ci ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato
uno Stato a Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler?
Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo
sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati
alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un
concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate
tutte le operazioni di business criminale dell’umanità.
Se ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro
particolare, tu non diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi
quattro sigari all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore?
Quando io ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione del piacere – che è la
sigaretta: te la fumi, senza più accorgerti che stai fumando.
Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare
a quello che stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono
toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare.
Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia
di persone. Una volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno
sarebbe morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris.
Le cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione
del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione
della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte
ieri e quindi le rifaremo domani.
E’ stato costruito uno schema per cui la quantità dei
nostri gesti automatici è oggi infinitamente superiore a quella dell’uomo di
400 anni fa. Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata.
L’uomo del ‘400 non ti diceva “ok, lo faccio subito”,
ma “lo faccio dopo”: era la difesa del principio in base al quale lui sceglieva
come destinare il proprio tempo. Su questo presupposto, il vero atto
rivoluzionario è riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’
semplice, ed è alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione,
costruire un vissuto diverso.
Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione del
tempo. E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere anche le altre.
Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è piaciuta, se ho scelto
di vederla, perché anche quella è un’esperienza. Il tempo è perso se sono ad
una conferenza noiosa e non l’ho deciso io, di andarci. E il tempo perso non è
restituibile.
Anche all’interno dello schema della società odierna,
noi potremmo riappropriarci di una serie di cose. Rispetto ai concetti più
complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa più
semplice da spiegare, da far capire.
Se a un certo punto ognuno di noi, nel suo piccolo, fa
questa operazione su se stesso e la stimola nelle persone che gli sono vicine,
scopre che questo è l’unico modo vero per recuperare energie per poi rifare
progetti e rimettersi in moto.
Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso,
a livello di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a
nulla.
Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci
il tempo.
Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare, esce il
computer nuovo che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi
lavorando come un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti.
Tutto è costruito per fotterci il tempo.
La macchina da 50 milioni di euro, che può essere il
sogno della mia vita, conviene col divieto di superare i 130 chilometri orari.
Che me ne faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare
le Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale.
A chi non piacerebbe una bella casa, con parco e
piscina? Ho un amico industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è
stata costruita su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl.
Un umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda:
dove la fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”,
dell’orientamento fatto in modo serio?
Il Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una
truffa, ma il vero Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro,
“così in cielo così in terra”, in alto come in basso.
Ci sono energie che vengono da sopra e energie che
vengono da sotto. Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i
livelli: da egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo, la ragnatela
geo-magnetica, non è semplice. Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire
i terremoti.
Io ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i
terremoti li prevede. Ci ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè
l’espressione del tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le
vene, i canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale.
Ma non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne
sappiano qualcosa, di tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo. Le forze
che vengono dall’alto, invece, sono alla base del simbolismo astrologico, il
cui significato non è quello divinatorio, di stabilire i caratteri dei segni.
Il simbolismo astrologico nasce come ancestrale collocazione in un ordine, da
parte degli antichi, delle energie che provengono dalle stelle.
Il testo base della difesa dell’astrologia l’ha scritto
Firmico Materno, è un romano del 100 dopo Cristo. La prima cosa che scrive è
che l’astrologia non serve per divinare. Tralasciando i fabbricanti di
oroscopi, se invece studiamo come questa simbologia ha cercato di raffigurare i
potenziali energetici delle varie costellazioni, non dico che possa essere una
cosa esatta, ma è una cosa storica, mentre l’astrologia di oggi è come il
Reiki, che non è una disciplina tradizionale e nasce per fottere soldi alla gente,
su invenzione di un americano del secolo scorso.
Le discipline tradizionali non necessariamente sono
esatte, ma hanno una storia. Trovate molte differenze tra il rosario cristiano
e il mantra degli indiani? La scansione dei tempi comporta un esercizio di
respirazione. E’ la “novena della Vergine” o qualcos’altro?
Certo che è qualcos’altro: l’hanno teorizzato i
benedettini, si chiama Esicasmo ed è lo Yoga dei Cristiani.
E’ uguale: serve a regolare la respirazione per
raggiungere un determinato stato di meditazione, solo che i preti si guardano
bene dallo spiegare una cosa del genere.
C’è nel Cristianesimo qualcosa che andrebbe
approfondito, ma non te lo dicono, perché per loro non è questo il business.
Idem per la massoneria: la dottrina massonica non è un
business, mentre l’organizzazione massonica lo è. Se voglio fare il business mi
interessa l’organizzazione, non la teoria. Poi, certo, mi serve qualcosa di
appiccicaticcio per convincere la gente che è una cosa seria, ma come fumo
negli occhi, non come materia da approfondire.
Il problema è che la sottrazione del tempo è
innanzitutto un’operazione di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi
e vendicativi. Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività,
vendicatività e incapacità di subire un torto.
Alla fine, subire un piccolo torto non è la fine del
mondo: se uno ti passa davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne
importa? Noi litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché? Perché la
sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso.
Siamo convinti che non dobbiamo essere fottuti tutti
quanti. Siamo esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un
limite entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è
oltrepassato.
Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre.
Succede quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a
quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci.
Se tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a
prenderti il tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a
prenderti il tempo, t’incazzi. Questo è il meccanismo. I primi che si fottono
il tempo da soli siamo noi.
Se al posto di Facebook avessimo un diario serio, lo
scopriremmo che ci fottiamo il tempo. Il problema vero, centrale, è che
rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità della vita, piccole
rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo fare è riprenderci il tempo.
L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso del viaggio,
500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia in Cina in aereo,
avrebbe mai scritto il “Milione”?
Il senso del viaggio qual è? Chi si organizza le
vacanze lo fa, il ragionamento sul senso del viaggio? No, certo, perché gli
hanno fottuto il tempo. La sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della
vita.
“L’ozio e il negozio” dei latini si colloca
perfettamente in questo quadro: tutte le cose in cui bisognava pensare erano
delegate all’”otium”, non al “negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”,
ti va male il “negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’”otium” con
calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate.
In realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare
entro certi schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. Se tu questo
equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è morta.
Le nostre energie sociali, la capacità di avere
progetti, di scoprire le cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero.
Diventiamo degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri
ci fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo.
Anche Sant’Agostino diceva “fa quello che vuoi”. La
gente lo fraintendeva,e pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio”
l’ha spiegato: “fa quello che vuoi” significa che devi fare quello che vuoi
veramente, non quello che ti spingono a fare.
“Fa quello che vuoi” non significa andare a cercare
tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire che non è quel che vuoi, se
ci pensi bene.
Era anche quello che diceva Epicuro: “La felicità è
semplice, basta inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna
capire qual è il piacere”.
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