domenica 6 ottobre 2013

LA STAMPANTE 3D ITALIANA "ECONOMICA"

Lorenzo Cantini
I fratelli Lorenzo e Luciano Cantini  sono  l’anima di Kent’s Strapper,
la più incredibile azienda familiare che abbiate mai incontrato. Si occupano di stampanti 3D: le costruiscono, le fanno funzionare, le inventano, tutti assieme:
il babbo Ugo - il nonno Luciano - i cugini Paolo, Chiara e Leonardo Rinaldi. 


Luciano si è laureato in ingegneria elettronica e lavora in una azienda di Empoli; mentre Luciano studia da archeologo all’università di Firenze. 
Tutti assieme in un laboratorio fiorentino ricavato dal magazzino di idraulica del babbo in via del Pollaiolo, in zona Legnaia, vicino alla chiesa di Sant’Angelo


"Avevamo costruito un pantografo a controllo numerico. Niente di difficile: qualche pezzo di legno, delle barre filettate, scarti di vecchie stampanti e il Lego. Non funzionava benissimo, ma funzionava".
Decisero allora di provare a ribaltare la prospettiva: invece di togliere materia, volevano provare ad aggiungerla. E fecero così: "Lo usavamo con una pistola per la colla a caldo montata su un’asolina. Il grilletto era tenuto da un elastico che assicurava il flusso continuo alla colla per formare degli oggetti".
Qualcosa venne fuori ma chiamarli oggetti è un complimento: "Brutti, erano davvero brutti, non si capiva nulla". E qui ebbero la folgorazione: gli serviva una stampante 3D. Non una di quelle da centinaia di migliaia di dollari che le grandi aziende compravano da anni. No, a loro serviva una stampante fatta in casa con pochi soldi e tanta fantasia, perfettamente funzionante al punto di essere in grado di fare la cosa più difficile che esiste in natura: riprodursi, ovvero stampare
gli oggetti di cui è composta. A loro serviva una RepRap


RepRap free desktop 3D printer E' una stampante, collegabile ad un normale computer, in grado di 
stampare oggetti tridimensionali. Anziché stampare inchiostro su fogli di carta, questa stampante 3D
 produce oggetti tridimensionali, reali e solidi.
Per avere un'idea della robustezza, potete immaginare qualcosa di simile ai mattoncini Lego. 
Potreste realizzare molti oggetti utili, ma sopratutto potreste anche realizzare la maggior parte delle 
parti necessarie a costruire un'altra stampante 3D. Avreste, in pratica, una macchina in grado di 
replicarsi! RepRap è l'abbreviazione di Replicating Rapid-prototyper (prototipatore rapido replicante).
Questa stampante 3D costruisce gli oggetti depositando strati di materiale plastico nella giusta 
sequenza,uno sull'altro. Si tratta di una tecnologia già esistente, ma le macchine commerciali sono 
molto costose (decine di migliaia di euro), e sopratutto non sono in grado di replicarsi.
Il team RepRap sviluppa e rende disponibili i progetti per una macchina molto più economica, che
 ha anche la particolarità di essere in grado di replicare la maggior parte dei suoi componenti .
In questo modo può essere disponibile per comunità o per individui, sia nei paesi in via di sviluppo 
che nei paesi più sviluppati.
Se avete una macchina RepRap, potete anche usarla per fabbricarne un'altra per un amico:
 infatti,seguendo i principi del movimento Free Software, il team RepRap distrubuisce gratuitamente
 i progetti e tutte le informazioni per realizzare la macchina RepRap a chiunque sotto la licenza GNU 
General Public Licence.RepRap è una macchina autoreplicante, può stampare i pezzi necessari
 per assemblare una nuova stampanteRepRap è la prima low-cost stampante 3d ,
 and the RepRap Project ha dato inizio alla rivoluzione delleStampanti 3D open-source .

Adrian Bowyer
I fratelli Cantini scoprirono il progetto RepRap navigando su Internet. 
E qui appresero che lo aveva lanciato nel 2005 un matematico inglese, 
Adrian Bowyer, 60 anni, una cattedra all’università di Bath. 
Il"Guardian" celebrò l’invenzione dicendo che avrebbe "abbattuto il capitalismo, innescato la seconda rivoluzione industriale e salvato il pianeta". Ora, uno può pensare che si tratti di esagerazioni belle e buone, ma se davvero un giorno passasse il concetto che chiunque può prodursi gli oggetti di cui ha bisogno, be’ è esattamente di questo che stiamo parlando: una rivoluzione. 

Lorenzo e Luciano decisero che Bowyer era il loro nuovo idolo: ora volevano assolutamente avere una RepRap e visto che si tratta di un progetto in opensource sapevano che ce n’erano moltissime in giro per il mondo. 
Le mappe di Google localizzavano una RepRap, o meglio una sua versione derivata, la RapMan, anche in Italia. 
Era a Bologna a casa di un disegnatore slavo di cui non ricordano il nome: ricordano però che nel febbraio del 2011: lo chiamarono, andarono a trovarlo, si sentirono dire che l’aveva comprata e montata, ma non riusciva a farla funzionare, e per sera erano di ritorno a casa, nel laboratorio del babbo, con la loro nuova missione: far funzionare la RepRap che il tipo slavo gli aveva dato in prestito, tanto a lui non serviva. 

A maggio hanno capito come funziona e decidono di farsene una su misura: la chiamano Archimede (per gli specialisti, era una Prusa), ci lavorano tutta l’estate ed a fine agosto è pronta. 
A settembre sono già al lavoro su un nuovo modello, la Galileo, che nelle loro intenzioni deve servire a diffondere la cultura dei maker nel mondo scolastico: ha un’area di stampa più grande e costa meno.
A dicembre la presentano in un istituto tecnico industriale di Catanzaro, e nella pausa caffè gli studenti sono tutti attorno ad ammirare la stampante di oggetti
"Finalmente i ragazzi potevano disegnare qualcosa e ritrovarselo tra le mani in classe poco dopo". 
E adesso che succede? Adesso aspettano che le società semplificate per chi ha meno di 35 anni diventino realtà per trasformare il marchio Kent’s Strapper in una vera azienda, il primo laboratorio di assistenza per chi ha stampanti 3D. 
Hanno comperato un tornio per specializzarsi in prototipazione rapida: mandi loro un file e ti rimandano un oggetto. 
Ma sono le scuole il loro vero pallino. 
"Siamo solo all’inizio". 
Oggi possiamo solo immaginare le applicazioni future di questa tecnologia. Ma fino a quando resterà legata alla cultura della collaborazione invece che a quella del mero profitto, sarà accessibile a tutti. 
Per questo vogliamo portarla nelle scuole. Siamo convinti che messa a contatto con menti giovani e creative possa diventare una piattaforma formidabile per concretizzare idee e progetti".

                         http://www.youtube.com/watch?v=HfZbgkGdpxY

Ulteriori informazioni sul loro sito qui e sul loro blog qui


Che cosa si può fare con una stampante 3D?

 In linea teorica tutto: dal busto di Steve Jobs a una casa. Si ha un’idea, la si progetta, la si “programma” (ogni stampante ha il suo codice di programmazione) e poi la si manda in stampa. La stampante, strato su strato, emette uno speciale “inchiostro” che si solidifca e crea l’oggetto tridimensionale progettato. Esistono piattaforme online (come www.shapeways.com) in cui un’idea vostra idea può anche essere messa in vendita


Questa nuova frontiera, accessibile a molti, ha sbocchi impensabili: con ingegno e fantasia è possibile inventare, scoprire, realizzare, migliorare e modificare questa nuova nascente tecnologia: destinata a porre le basi di una nuova rivoluzione tecnologica industriale.

E' di questi giorni  la notizia di un giovanissimo, Cesare Cacitti, partecipante protagonista della prima edizione europea MaKer Faire tenutasi a Roma dal 2 al 6 Ottobre 2013.
A 14 ha progettato e realizzato una stampante 3D: Cesare ha utilizzato due prismi che ha smontato da vecchi lettori Dvd. Sempre con i prismi dei registratori si era 'allenato' costruendo una prima stampante tradizionale.
Il ragazzo ha spiegato: «Con quella ho affinato la tecnica e quindi con gli stessi oggetti mi sono buttato nella costruzione di una stampante 3D».
Ha cominciato a interessarsi di tecnologia quando aveva 8 anni, nel 2007. All'epoca il papà Francesco aveva deciso di ricominciare la sua attività di imprenditore da zero. L'ufficio del papà era il tavolo della cucina e Cesare gli era accanto. In quegli stessi anni arrivava per regalo il primo kit di elettronica e lui progettò una chiavetta a combinazione che attraverso un codice segreto accendeva una luce e si collegava all'antifurto della macchina.
Cesare ha ammesso: «Non serviva a nulla, ma era il mio primo progetto. Avevo scoperto il mondo dell'elettronica».
Il ragazzo vive a Dueville, un piccolo centro vicino Vicenza e con i suoi amici parla tanto di sport, ma non è raro che qualcuno gli chieda come riparare il computer. Per il suo futuro non ha fretta di fare programmi: «Deciderò più avanti perché le cose stanno cambiando così in fretta che quando sarò grande ci saranno nuove professioni. Solo allora prenderò una decisione». Quanto al prossimo regalo che riceverà, «non sarà un computer ma una bicicletta»: parola del papà.


 Fonte: varie da Web

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