Il nome di Arturo Malignani si lega in parte a quello
di Alessandro Cruto e all’avventura della lampadina a incandescenza italiana.
Arturo Malignani fu il padre di un ritrovato impiegato
per lunghi anni in molte fabbriche sparse in tutto il mondo. Tutto nacque dalla
seconda esigenza fondamentale nella fabbricazione della lampadina (la prima era
quella del filamento), ovvero quella di poter facilmente ottenere il vuoto
nell’ampolla di vetro.
All’inizio dell’industria delle lampadine, la soluzione
del
problema era ottenuta dall’impiego della così detta pompa Sprenghel,
apparecchio fino allora usato solo nei laboratori.
Il suo principio era basato
sull’impiego di un tubo barometrico, lungo un metro e del diametro
approssimativo di tre millimetri, in cui veniva iniettato uno spruzzo di
mercurio che, sminuzzandosi in tante minutissime goccioline, discendeva
rapidamente ed aspirava l’aria contenuta nel palloncino.
Un sistema decisamente poco pratico che, all’inizio
della sua applicazione, necessitava di una pompa per ogni lampadina.
L’operazione inoltre richiedeva alcune ore e le esalazioni del mercurio
rendevano pericolosissima questa industria per gli operai che vi erano adibiti.
Finché l’illuminazione elettrica fu ai suoi inizi e il
consumo delle lampadine limitato, questi inconvenienti, pur gravi, furono
sopportabili, ma, in seguito, quando la richiesta delle lampadine crebbe
vertiginosamente, con il diffondersi del nuovo sistema in tutto il mondo, la
produzione del vuoto, affidata a congegni così delicati e lenti si trasformò in
vera calamità.
Questo stato di cose durò fino al 1895, in cui venne reso noto
il sistema Malignani.
Nato ad Udine nel 1865, Arturo Malignani iniziò a
lavorare nella sua città facendo il fotografo , ma di pari passo si appassionò
a svariati problemi di chimica, fisica e meccanica. Per suo merito, Udine fu
una delle prime città d’Europa a conoscere l’illuminazione elettrica.
A soli 23
anni, nel 1888, aiutato da alcuni investitori locali, installò una prima
centrale termoelettrica con la relativa distribuzione per l’illuminazione,
aggiungendovi un laboratorio per la produzione delle lampadine elettriche
necessarie all’azienda. Da allora dedicò tutti i suoi studi al perfezionamento
di quest’ultime, specialmente ad ottenere l’aumento della durata.
Si convinse che la lunghissima durata dello svuotamento
delle ampolle non fosse tanto dovuta all’eliminazione dell’aria, quanto alla
necessità di espellere i gas prodotti durante l’operazione dall’accensione del
filamento. Senza l’eliminazione di questi gas, che producevano attorno al
filamento un’aureola azzurrognola, il vuoto non tardava a diventare
insufficiente, determinando una rapida diminuzione di luce e, dopo breve
durata, la rottura del filamento.
Malignani, dopo infinite prove, trovò che lanciando
nelle ampolle dei vapori di fosforo, questi si combinavano con il gas blu dando
luogo ad un precipitato il quale lasciava un vuoto perfetto e permanente.
Trovato il modo di perfezionare il vuoto con l’intervento chimico, il geniale
friuliano pensò pure di creare un tipo di pompa che funzionasse più rapidamente
di quella a mercurio e permettesse lo svuotamento contemporaneo di un gran
numero di lampadine.
Il primo successo lo ottenne con una pompa ad olio, il
cui cilindro era lungo ben quattro metri, ed era manovrata da due uomini che
camminavano avanti ed indietro. Non era ancora un metodo pratico e, subito
dopo, Malignani costruì una pompa azionata meccanicamente composta di diversi
grossi cilindri posti in serie di cui il primo faceva il vuoto nel secondo, il
secondo nel terzo e così via.
Con questo sistema, completato dal metodo chimico,
bastava un tavolino largo quanto un’ordinaria scrivania per ottenere una
produzione sufficiente all’impiego in un salone di molte centinaia di metri
quadrati. L’abolizione dell’uso del mercurio toglieva ogni pericolo per la
salute degli operai. Queste radicali innovazioni funzionarono a Udine per
alcuni anni, senza che Malignani pensasse a brevettarle. Avendo creato tutto da
sé, senza ricorrere ad insegnamenti altrui, era persuaso che altrove si facesse
altrettanto, se non di meglio.
Nel 1892 un tecnico tedesco di passaggio casualmente ad
Udine gli dimostrò e lo convinse del contrario, spingendolo a brevettare le sue
trovate ed a farle conoscere.
Il successo fu immediato. All’inventore friulano
piovvero richieste da tutte le parti del mondo. Lo stesso Edison mandò a Udine
alcuni tecnici per verificare i risultati ottenuti e in seguito alle prove lo
chiamò a New York, per stabilire un contratto di cessione dei brevetti.
Malignani partì per gli Stati Uniti portando un modello di pompa perfezionato,
con cui si poteva produrre il vuoto in meno di un minuto per lampadina.
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