Il Grafene è il materiale più sottile e allo stesso
tempo in assoluto più resistente riproducibile su scala industriale. Ha lo
spessore di un atomo di carbonio ( appena un milionesimo di millimetro) e una
durezza paragonabile a quella di un diamante. Significa che uno strato è un
invisibile foglio di carta con muscoli d’acciaio.
Ha tutte le proprietà che un progettista potrebbe
desiderare: cento volte più resistente dell’acciaio, è però così sottile da
essere quasi trasparente (assorbe solo il due per cento della luce visibile),
perfetto quindi per realizzare pellicole ultrasottili e iperprotettive; inoltre
è un eccellente conduttore di calore ed elettricità e presenta straordinarie
doti di elasticità e flessibilità (arrotolando fogli di grafene a mo’ di
cannelloni si ottengono nanotubi in carbonio) unite a una
leggerezza intrinseca di soli settanta milligrammi per metro quadro: l’ideale
per materiali compositi per l’edilizia, per superplastiche, per schermi,
display e touch screen curvi o ripiegabili.
Insomma, dall’elettronica alla medicina, dall’industria
dei semiconduttori a quelle delle costruzioni, sembra non ci sia settore dove
il Grafene non possa essere impiegato con successo.
Nonostante da oltre un decennio il Grafene sia
considerato “il materiale delle meraviglie” e che dal 2010 sia stato assegnato
il premio Nobel ai due fisici, Andre Geim e Konstantin Novoselov, che hanno realizzato il primo transistor con
questo materiale nel 2004, ancora non viene impiegato attivamente.
Purtroppo i costi per sintetizzarlo (attraverso
l’esfoliazione della grafite o con processi di deposizione elettrochimica) sono
ancora troppo elevati per renderlo appetibile per il mercato (circa 60 dollari
per pollice quadrato). In pratica sessanta volte in più del materiale usato per
le parti elettroniche di dispositivi di fascia alta e seicento in più di quello
necessario per assemblare i display touch screen.
“L’importante è
capire che non è un materiale magico,
come i media l’hanno troppo spesso acclamato. Prima che possa sostituire il
silicio nella microelettronica , grazie alla capacità di dissipare meglio il
calore e quindi condensare in aree sempre più piccole milioni di transistor,
saranno necessari ancora parecchi anni, forse più di una decina per avere una
catena produttiva completa” dice a Panorama.it
Carolin Kranz, della Basf, una tra le aziende leader nello sviluppo di nuovi
materiali.
Il colosso tedesco punta fortemente sul Grafene e sulle
nanotecnologie, tanto che l’anno scorso ha incrementato gli investimenti per la
ricerca e sviluppo in questo settore passando da 1,7 miliardi di euro del 2012
a 1,8 miliardi. Nel medio periodo i vantaggi della tecnologia basta su Grafene
saranno fruibili in applicazioni per l’immagazzinamento di energia.
Parliamo di super condensatori fatti da fogli
stampabili con performances eccezionali, di catalizzatori nelle celle a
combustibile dove il Grafene sostituirà il platino e soprattutto di batterie
agli ioni di litio, quelle dei tablet e dei dispositivi mobili.
Qui la rivoluzione bussa già alle porte: avvolgendo con
pellicole di Grafene le particelle dei materiali che compongono gli elettrodi
della pila, si aumenta la capacità delle batterie e nel contempo si riducono
notevolmente le dimensioni. In pratica: durano di più e sono più leggere.
Risultati: smartphone che funzionano per giorni con una sola carica con la
possibilità di caricarsi in appena 15 minuti; dispositivi elettronici
miniaturizzati; batterie per auto elettriche di minor peso e ingombro a parità
di prestazioni. In questo campo l’attuale tecnologia delle pile al litio sarà
presto soppiantata, con enormi vantaggi in termini di efficienza e durata.
I superconduttori a Grafene sono una promessa più che
concreta per risolvere il problema: sono in grado di caricare una batteria
elettrica in appena 16 secondi.
Santhakumar Kannappan del Gwangju Institute of Science and Technology in
Corea ed il suo gruppo di ricerca hanno costruito un dispositivo che a dispetto
della capienza energetica (riescono a immagazzinare un po’ meno energia di una
normale batteria agli ioni di litio) sono in grado di caricare e scaricare le
batterie in modo rapidissimo, e per diverse migliaia di cicli.
La tecnologia sperimentata consiste nel realizzare
“spugne” di Grafene immergendo polvere di questo materiale in acqua e
bombardandola con ultrasuoni. La polvere così trattata viene poi “cotta” per 5
ore in contenitori rotondi a 140° e ad una pressione di 300 Kg per centimetro.
Con questa ricetta si ottengono dei risultati
impressionanti: 150 Farrad per grammo di capacità, in grado di conservare
energia alla densità di 64 Watt/ora per chilo. Poco meno di una batteria al litio,
ma capace di caricarsi in 10/15 secondi.
Non solo, dopo 10.000 cicli di caricamento il Grafene conserva il 98%
della sua capacità: garantisce una stabilità impressionante e promette bene per
le automobili elettriche del futuro.
Nessun commento:
Posta un commento