Solare, eolico, idroelettrico, geotermico, biogas. Queste
le principali fonti di energia rinnovabili e non inquinanti.
E’ risaputo che l’atmosfera terrestre presenta una
differenza di potenziale che aumenta con l’altezza.
Per i non addetti ai lavori è come se l’atmosfera fosse una batteria carica.
Questo è evidente durante i temporali, quando questa carica trova sfogo in quei fenomeni spaventosi ed affascinanti che sono i fulmini.
Per i non addetti ai lavori è come se l’atmosfera fosse una batteria carica.
Questo è evidente durante i temporali, quando questa carica trova sfogo in quei fenomeni spaventosi ed affascinanti che sono i fulmini.
Molti hanno immaginato e studiato metodi per immagazzinare l’energia del fulmine, ma ciò presenta numerosi problemi:
1.
Non si sa in anticipo dove un fulmine
colpirà o comunque dove un temporale avrà luogo;
2.
Anche se si potesse intercettare un
fulmine, attirandolo per esempio con una sorta di parafulmine, sarebbe
estremamente difficoltoso immagazzinarne tutta l’energia, dal momento che la
scarica è molto breve;
3.
Inoltre, la maggior parte dell’energia del
fulmine si dissipa in luce, calore e suono. Per farla breve, una centrale
elettrica basata sull’intercettazione dei fulmini non sarebbe molto proficua.
Cosa meno nota, però, è che l’atmosfera possiede questa
carica anche quando in cielo non c’è neppure una nuvola. L’idea di ricavare
energia elettrica direttamente dall’atmosfera terrestre risale a più di un
secolo fa. L’ultimo e più promettente studio in questo campo fu effettuato
dall’ingegnere ed inventore estone Hermann Plauson.
I suoi studi ebbero luogo negli anni 20, quindi quasi
un secolo fa. Possibile che da allora non ci sia stato nessun avanzamento in
questo campo? Perché l’idea dell’estrazione di energia elettrica dall’atmosfera
terrestre è andata a finire nel
dimenticatoio, pur sembrando promettente al tempo degli studi di Plauson?
Vediamo prima di dare una breve descrizione del metodo
utilizzato da Plauson. Un collettore di elettricità, costituito per esempio da
un pallone pieno di elio, veniva fatto salire ad una altitudine di diverse
centinaia di metri, collegato a terra tramite un cavo conduttore.
Il pallone stesso era costituito da materiale
conduttivo ed era ricoperto da innumerevoli aghetti, capaci di raccogliere
l’elettricità atmosferica tramite un fenomeno chiamato emissione ad effetto di
campo. L’elettricità ad alto voltaggio veniva convogliata a terra mediante il
cavo conduttore e veniva trasformata in elettricità a basso voltaggio per poter
essere utilizzata dalle comuni utenze elettriche.
Nella descrizione della sua invenzione, Plauson riferisce
di essere riuscito ad ottenere circa 3.4 kw (kilowatt) in un esperimento pilota
utilizzando due di questi palloni.
Ritornando alla domanda di prima: perché
una tecnologia così promettente venne abbandonata?
Si possono fare diverse ipotesi. Il metodo di Plauson
prevedeva – anche se non ne era vincolato – l’uso di materiale radioattivo
(radio e/o polonio), le cui proprietà ionizzanti venivano utilizzate come
“catalizzatore” per incrementare l’afflusso di corrente.
E’ ovvio che oggigiorno qualsiasi proposta di energia
alternativa basata sull’uso di materiale radioattivo non sarebbe vista di buon
occhio, considerando il possibile impatto ambientale che potrebbe derivare
dalla contaminazione accidentale.
Come nota a
latere è interessante riportare che fino agli anni ottanta è stato
utilizzato, anche in Italia, un tipo di parafulmine ricoperto di un sottile
strato di americio (un materiale radioattivo), simile nel concetto ai
collettori di Plauson: inutile dire che attualmente questi dispositivi sono
diventati fuorilegge.
Un altro possibile, però, giustificherebbe solo in
parte l’abbandono della ricerca in questo campo, poiché un sistema che permetta
di ricavare seppur anche qualche kilowatt utilizzando solo un paio di palloni
potrebbe essere competitivo – rispetto all’eolico – in zone poco ventose e non
servite dalla rete elettrica.
Aggiungiamo a questo punto un vantaggio che questo
sistema avrebbe sia sull’eolico che sul solare: produzione ininterrotta 24 ore
su 24 e 365 giorni all’anno.
A quanto pare, quindi, l’unico grosso ostacolo
sembrerebbe essere rappresentato dall'utilizzo di materiale radioattivo.
E qui ci viene incontro il recente sviluppo tecnologico.
Nel corso degli ultimi anni, infatti, sono state
sviluppate tecniche per ottenere dei nano-materiali molto efficienti dal punto
di vista dell’emissione ad effetto di campo: si tratta in pratica di
super-aghetti che potrebbero funzionare come collettori efficaci di elettricità
atmosferica senza ricorrere all’uso di materiale radioattivo.
Qualcuno potrebbe obiettare, e a ragione, “Ma questi particolari nano-materiali sono
sicuri dal punto di vista della salute?” Purtroppo, trattandosi di nuove
tecnologie, è ancora difficile stimare l’impatto in tal senso, ma alcuni studi
sono in corso.
Se, come si spera, questi materiali saranno ritenuti
innocui per la salute, allora non è da escludere che la ricerca sull’energia
elettrica ricavata direttamente dall’atmosfera terrestre ritrovi un nuovo
vigore e questa fonte non ancora sfruttata possa andarsi ad affiancare alle più
conosciute fonti rinnovabili e non inquinanti.
Come nota finale è doveroso aggiungere che senza
utilizzare materiale radioattivo e i nano-materiali di cui sopra, un sistema
simile a quello di Plauson potrebbe fornire quantità modeste ma utili di
energia elettrica, trovando applicazione soprattutto nelle aree dei paesi in
via di sviluppo lontane da grossi centri abitati.
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