mercoledì 19 novembre 2014

ENERGIA ELETTRICA DALL’ATMOSFERA TERRESTRE

Solare, eolico, idroelettrico, geotermico, biogas.                           Queste le principali fonti di energia rinnovabili e non inquinanti.

E’ risaputo che l’atmosfera terrestre presenta una differenza di potenziale che aumenta con l’altezza.
Per i non addetti ai lavori è come se l’atmosfera fosse una batteria carica. 
Questo è evidente durante i temporali, quando questa carica trova sfogo in quei fenomeni spaventosi ed affascinanti che sono i fulmini. 


Molti hanno immaginato e studiato metodi per immagazzinare l’energia del fulmine, ma ciò presenta numerosi problemi:

    1.   Non si sa in anticipo dove un fulmine colpirà o comunque dove un temporale avrà luogo;

    2.   Anche se si potesse intercettare un fulmine, attirandolo per esempio con una sorta di parafulmine, sarebbe estremamente difficoltoso immagazzinarne tutta l’energia, dal momento che la scarica è molto breve;

    3.   Inoltre, la maggior parte dell’energia del fulmine si dissipa in luce, calore e suono. Per farla breve, una centrale elettrica basata sull’intercettazione dei fulmini non sarebbe molto proficua.

Cosa meno nota, però, è che l’atmosfera possiede questa carica anche quando in cielo non c’è neppure una nuvola. L’idea di ricavare energia elettrica direttamente dall’atmosfera terrestre risale a più di un secolo fa. L’ultimo e più promettente studio in questo campo fu effettuato dall’ingegnere ed inventore estone Hermann Plauson.


I suoi studi ebbero luogo negli anni 20, quindi quasi un secolo fa. Possibile che da allora non ci sia stato nessun avanzamento in questo campo? Perché l’idea dell’estrazione di energia elettrica dall’atmosfera terrestre è andata a finire  nel dimenticatoio, pur sembrando promettente al tempo degli studi di Plauson?
Vediamo prima di dare una breve descrizione del metodo utilizzato da Plauson. Un collettore di elettricità, costituito per esempio da un pallone pieno di elio, veniva fatto salire ad una altitudine di diverse centinaia di metri, collegato a terra tramite un cavo conduttore.

Il pallone stesso era costituito da materiale conduttivo ed era ricoperto da innumerevoli aghetti, capaci di raccogliere l’elettricità atmosferica tramite un fenomeno chiamato emissione ad effetto di campo. L’elettricità ad alto voltaggio veniva convogliata a terra mediante il cavo conduttore e veniva trasformata in elettricità a basso voltaggio per poter essere utilizzata dalle comuni utenze elettriche.

Nella descrizione della sua invenzione, Plauson riferisce di essere riuscito ad ottenere circa 3.4 kw (kilowatt) in un esperimento pilota utilizzando due di questi palloni.

Ritornando alla domanda di prima: perché una tecnologia così promettente venne abbandonata?

Si possono fare diverse ipotesi. Il metodo di Plauson prevedeva – anche se non ne era vincolato – l’uso di materiale radioattivo (radio e/o polonio), le cui proprietà ionizzanti venivano utilizzate come “catalizzatore” per incrementare l’afflusso di corrente.

E’ ovvio che oggigiorno qualsiasi proposta di energia alternativa basata sull’uso di materiale radioattivo non sarebbe vista di buon occhio, considerando il possibile impatto ambientale che potrebbe derivare dalla contaminazione accidentale.

Come nota a latere è interessante riportare che fino agli anni ottanta è stato utilizzato, anche in Italia, un tipo di parafulmine ricoperto di un sottile strato di americio (un materiale radioattivo), simile nel concetto ai collettori di Plauson: inutile dire che attualmente questi dispositivi sono diventati fuorilegge.

Un altro possibile, però, giustificherebbe solo in parte l’abbandono della ricerca in questo campo, poiché un sistema che permetta di ricavare seppur anche qualche kilowatt utilizzando solo un paio di palloni potrebbe essere competitivo – rispetto all’eolico – in zone poco ventose e non servite dalla rete elettrica.
Aggiungiamo a questo punto un vantaggio che questo sistema avrebbe sia sull’eolico che sul solare: produzione ininterrotta 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno.

A quanto pare, quindi, l’unico grosso ostacolo sembrerebbe essere                     rappresentato dall'utilizzo di materiale radioattivo.                                       
E qui ci viene incontro il recente sviluppo tecnologico.

Nel corso degli ultimi anni, infatti, sono state sviluppate tecniche per ottenere dei nano-materiali molto efficienti dal punto di vista dell’emissione ad effetto di campo: si tratta in pratica di super-aghetti che potrebbero funzionare come collettori efficaci di elettricità atmosferica senza ricorrere all’uso di materiale radioattivo.

Qualcuno potrebbe obiettare, e a ragione, “Ma questi particolari nano-materiali sono sicuri dal punto di vista della salute?” Purtroppo, trattandosi di nuove tecnologie, è ancora difficile stimare l’impatto in tal senso, ma alcuni studi sono in corso.

Se, come si spera, questi materiali saranno ritenuti innocui per la salute, allora non è da escludere che la ricerca sull’energia elettrica ricavata direttamente dall’atmosfera terrestre ritrovi un nuovo vigore e questa fonte non ancora sfruttata possa andarsi ad affiancare alle più conosciute fonti rinnovabili e non inquinanti.


Come nota finale è doveroso aggiungere che senza utilizzare materiale radioattivo e i nano-materiali di cui sopra, un sistema simile a quello di Plauson potrebbe fornire quantità modeste ma utili di energia elettrica, trovando applicazione soprattutto nelle aree dei paesi in via di sviluppo lontane da grossi centri abitati.


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