mercoledì 18 febbraio 2015

LA TERZA GUERRA MONDIALE E’ GIA’ INIZIATA!

Mentre gli avvenimenti incalzano con la duplice guerra in Medio Oriente (Iraq e Siria) a cui si potrebbe aggiungere lo stato di caos e guerra civile in Libia ed il conflitto in Palestina (Gaza) che in questo momento sembra oscurato dai media, l’opinione pubblica occidentale chiede a gran voce un intervento contro le barbarie dei tagliatori di teste del Califfato dello Stato Islamico (ISIS).

Ma pochi hanno compreso che la guerra in Medio Oriente contro l’ISIS è solo una parte di quello che appare come un conflitto ormai generalizzato che sta investendo, con modalità nuove e non convenzionali, un’area che va dal Medio Oriente, all’Asia, al Sud America.

Molti analisti internazionali definiscono ormai apertamente questo conflitto come la “Terza Guerra Mondiale” già iniziata.

Non hanno torto, ma occorre specificare che si tratta di una guerra globale che non sarà come le altre: non certa come la Prima che fu combattuta nelle trincee; neppure la Seconda che vide i bombardamenti massicci sulle città (Dresda, Amburgo, Berlino), scontri di carri armati (Stalingrado) e l’uso dell’arma atomica su Hiroshima e Nagasaki da parte degli Stati Uniti.

Questa, che è appena iniziata, sarà una Guerra Multidimensionale come stiamo già vedendo. Una guerra che parte dal Medio Oriente, dove le principali potenze Stati Uniti, Israele, Francia e G.B., mediante lo spauracchio dell’ISIS, stanno effettuando un massiccio intervento per riposizionarsi in Iraq, in Siria.


Inseguono il chiaro obiettivo della balcanizzazione della regione, con la finalità:

- di controllare le risorse di quell’area strategica e di isolare e contenere l’Iran, potenza emergente della regione;

- ostacolare la Russia privandola dei suoi alleati strategici (Iran e Siria) e costringendo Mosca a ritirarsi dalla regione per trincerarsi nel Caucaso a difesa della sua zona meridionale dove si sa che vengono infiltrati i miliziani integralisti per suscitare una insurrezione delle minoranze islamiche presenti in quell’area.


Fondamentalmente in questa strategia il ruolo dell’Arabia Saudita, alleata degli U.S.A. e complice, finanziatrice ed ispiratrice dei gruppi terroristi sunniti.

Il protagonista principale di questa guerra è l’élite di potere di stanza a Washington che sta cercando, in forma neppure tanto mascherata, di imporre la propria egemonia unipolare, sia sul piano militare che su quello economico e sbarrare il passo alle due potenze principali che gli contendono questa egemonia: la Russia e la Cina.


Proviamo a riepilogare sinteticamente gli avvenimenti.
Sono di questi giorni gli episodi come l’insurrezione pacifica avvenuta in Hong Kong, distretto della Cina, ove gli studenti sono in rivolta per chiedere più democrazia e ci sono prove evidenti che, a prescindere dalle istanze giustificabili degli studenti, alcune organizzazioni studentesche sono state finanziate da  un organismo made in U. S. A. la National Endowmenet of Democracy (NED), che appartiene al partito democratico U.S.A., di cui è presidente Carl Gershman, con mezzo milione di dollari.

Appare evidente l’interesse degli U.S.A. ad indebolire la Cina operando perché sorgano conflitti al suo interno, meglio se con una possibile “rivoluzione arancione” di quelle già sperimentate dalla CIA.

Per non parlare delle manovre fatte dal governo di Washington per accerchiare militarmente la Cina con nuove basi militari aereonavali U.S.A. nel Pacifico e con gli accordi, in funzione anti cinese, stipulati ultimamente con Thailandia e Vietnam.

Tuttavia il conflitto asimmetrico e multidimensionale non è limitato all’Eurasia e Medio Oriente, ma sta investendo anche il Sud America e lo si sta portando  con modalità diverse su tre paesi importantissimi: il Brasile, l’Argentina, il Venezuela.

In Brasile dove si sta svolgendo una contesa elettorale fittizia tra la candidata della élite finanziaria anglosassone, Marina Silva la quale, con l’appoggio finanziario delle entità bancarie sovranazionali, sta tentando di rovesciare il governo della Wilma Roussef per dare un brusco cambio alle politiche di autonomia applicate in quel paese.

In Argentina attraverso l’assedio finanziario che viene effettuato ai danni del governo di quel paese con il palese tentativo, per mezzo dei “fondi avvoltoio”, maneggiati dall’impresa “israel statunitense”, Elliot Management Corp., di cui fanno parte l’ex candidato alla presidenza repubblicano, Paul Singer, intimo di Netanyahu.

Fondi manovrati da New York, e con l’intento di portare l’Argentina al default, rovesciare il governo della Cristina Kirchner e rimettere il paese sotto il controllo totale di Washington.

La stessa situazione anche più accanita si manifesta contro il Venezuela, dove questo paese, capofila di un gruppo di nazioni latino americane avverse all’impero U.S.A. (Bolivia, Nicaragua, Ecuador, Uruguay) viene messo sotto assedio tra infiltrazione di mercenari e provocatori dalla Colombia, stato satellite degli U.S.A., e mediante l’assedio finanziario e sabotaggio economico.

Stiamo vedendo una potenza come gli Stati Uniti totalmente esasperata per le minacce alla propria supremazia e lo stesso Obama, che ha perso molte battaglie, come accaduto l’anno passato in Siria, quando Putin, in ultima istanza, grazie al suo ingegno creativo, ha risolto la situazione determinata dalla minaccia di intervento U.S.A., fermano i bombardamenti con le consegna delle armi chimiche siriane.

Obama e gli strateghi di Washington hanno ripreso l’iniziativa creando il fattore ISIS (ci sono una quantità di prove che l’ISIS è stato creato dalla CIA e dal Mossad) nel Medio Oriente.

Utilizzando questo pretesto vogliono prendere il controllo della Siria ed installarsi nuovamente in Iraq, suddividendo il paese in tre stati (Curdo, Sunnita e Sciita) ed avendone il controllo delle risorse.

Dalla crisi siriana si è arrivati poi all’esplosione della questione ucraina, con il golpe pilotato dagli Stati Uniti a Kiev e la conseguenza della guerra civile, la successiva contromossa di Putin dell’annessione della Crimea alla Federazione Russa.

Una crisi che ha visto ravvicinati i due principali apparati militari che si fronteggiano in Europa: la NATO che ha attuato un processo di accerchiamento strategico della Russia dal Baltico alla Georgia, e le forze russe che si sono trincerate tra la Crimea, nel Baltico ed ai confini meridionali del Caucaso per fronteggiare il sempre più minaccioso schieramento della NATO.

Questo perché bisogna avere presente la sequenza temporale degli avvenimenti: la Russia si è opposta alla strategia americana che voleva rovesciare il governo (alleato di Mosca) di Al Assad a Damasco e gli USA hanno attaccato gli interessi russi a nord, in Europa, dove da tempo sobillavano per rovesciare il governo filo russo di Kiev.

I due conflitti, quello siriano e quello ucraino, sono collegati dallo stesso fattore principale, la volontà statunitense di contrastare la Russia e sottrarle le zone di influenza strategica.

La crisi siriana ed il fermo atteggiamento di Putin hanno portato alle sanzioni contro Mosca e questa ha reagito stringendo maggiormente la sua alleanza con i BRICS (Cina, India, Brasile e Sud Africa) di cui fa parte e promuovendo un interscambio che esclude il dollaro e prevede un organismo finanziario internazionale che si sostituisce al FMI.

Questo ha scatenato una guerra finanziaria e valutaria da parte del governo USA e delle istituzioni anglosassoni che hanno cercato di:  
 indebolire tutte le valute tranne il dollaro;                                                affossare il valore dell’oro;                                                                      indebolire il rublo e cercare di isolare Mosca.

Si tratta di un’altra delle dimensioni di questo conflitto: quella economica e finanziaria, tuttora in corso.


Tale situazione è stata sicuramente accelerata dall’ultimo vertice tenutosi dei paesi aderenti al gruppo BRICS che ha di sicuro indotto Washington a prendere contromisure sia finanziarie che militari, con una corsa al riarmo missilistico e nucleare, in base alla nuova dottrina dettata dagli strateghi della Casa Bianca, i quali hanno stabilito l’idea della inevitabilità di un conflitto degli USA con Russia e Cina e della possibilità per gli USA di sferrare il “primo colpo”.

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