Mentre gli avvenimenti incalzano con la duplice guerra in
Medio
Oriente (Iraq e
Siria) a cui si
potrebbe aggiungere lo stato di caos e guerra civile in Libia ed il conflitto in Palestina (Gaza) che in questo momento
sembra oscurato dai media, l’opinione pubblica occidentale chiede a gran voce
un intervento contro le barbarie dei tagliatori di teste del Califfato dello
Stato Islamico (ISIS).
Ma pochi hanno compreso che la guerra in Medio Oriente
contro l’ISIS è solo una parte di quello che appare come un conflitto ormai
generalizzato che sta investendo, con modalità nuove e non convenzionali,
un’area che va dal Medio Oriente, all’Asia, al Sud America.
Molti analisti internazionali definiscono ormai
apertamente questo conflitto come la
“Terza Guerra Mondiale” già iniziata.
Non hanno torto, ma occorre specificare che si tratta
di una guerra globale che non sarà come le altre: non certa come la Prima che
fu combattuta nelle trincee; neppure la Seconda che vide i bombardamenti
massicci sulle città (Dresda,
Amburgo, Berlino), scontri di carri armati (Stalingrado) e l’uso dell’arma atomica su Hiroshima e Nagasaki da parte degli
Stati Uniti.
Questa, che è appena iniziata, sarà una Guerra
Multidimensionale come stiamo già vedendo. Una guerra che parte dal Medio
Oriente, dove le principali potenze Stati Uniti, Israele,
Francia e G.B., mediante lo
spauracchio dell’ISIS, stanno effettuando un massiccio intervento per
riposizionarsi in Iraq, in Siria.
Inseguono il chiaro obiettivo della balcanizzazione
della regione, con la finalità:
- di controllare le risorse di quell’area strategica e
di isolare e contenere l’Iran,
potenza emergente della regione;
- ostacolare la Russia privandola dei suoi alleati strategici (Iran e Siria) e
costringendo Mosca a ritirarsi dalla regione per trincerarsi nel Caucaso a
difesa della sua zona meridionale dove si sa che vengono infiltrati i miliziani
integralisti per suscitare una insurrezione delle minoranze islamiche presenti
in quell’area.
Fondamentalmente in questa strategia il ruolo dell’Arabia Saudita, alleata
degli U.S.A. e
complice, finanziatrice ed ispiratrice dei gruppi terroristi sunniti.
Il protagonista principale di questa guerra è l’élite
di potere di stanza a Washington che sta cercando, in forma neppure tanto mascherata,
di imporre la propria egemonia unipolare, sia sul piano militare che su quello
economico e sbarrare il passo alle due potenze principali che gli contendono
questa egemonia: la Russia
e la Cina.
Proviamo
a riepilogare sinteticamente gli avvenimenti.
Sono di questi giorni gli episodi come l’insurrezione
pacifica avvenuta in Hong
Kong, distretto della Cina, ove gli studenti sono in rivolta per
chiedere più democrazia e ci sono prove evidenti che, a prescindere dalle
istanze giustificabili degli studenti, alcune organizzazioni studentesche sono
state finanziate da un organismo made in
U. S. A. la National Endowmenet of Democracy (NED), che appartiene al partito
democratico U.S.A., di cui è presidente Carl
Gershman, con mezzo milione di dollari.
Appare evidente l’interesse degli U.S.A. ad indebolire
la Cina operando perché sorgano conflitti al suo interno, meglio se con una
possibile “rivoluzione arancione” di quelle già sperimentate dalla CIA.
Per non parlare delle manovre fatte dal governo di
Washington per accerchiare militarmente la Cina con nuove basi militari
aereonavali U.S.A. nel Pacifico e con gli accordi, in funzione anti cinese,
stipulati ultimamente con Thailandia
e Vietnam.
Tuttavia il conflitto asimmetrico e multidimensionale
non è limitato all’Eurasia e Medio Oriente, ma sta investendo anche il Sud
America e lo si sta portando con
modalità diverse su tre paesi importantissimi: il Brasile, l’Argentina, il Venezuela.
In Brasile dove si sta svolgendo una contesa elettorale
fittizia tra la candidata della élite finanziaria anglosassone, Marina Silva la quale, con l’appoggio finanziario
delle entità bancarie sovranazionali, sta tentando di rovesciare il governo
della Wilma Roussef per dare un brusco
cambio alle politiche di autonomia applicate in quel paese.
In Argentina attraverso l’assedio finanziario che viene
effettuato ai danni del governo di quel paese con il palese tentativo, per
mezzo dei “fondi avvoltoio”, maneggiati dall’impresa “israel
statunitense”, Elliot Management Corp., di cui fanno parte l’ex candidato alla
presidenza repubblicano, Paul Singer, intimo
di Netanyahu.
Fondi manovrati da New York, e con l’intento di portare
l’Argentina al default, rovesciare il governo della Cristina
Kirchner e rimettere il paese sotto il controllo totale di Washington.
La stessa situazione anche più accanita si manifesta
contro il Venezuela, dove questo paese, capofila di un gruppo di nazioni latino
americane avverse all’impero U.S.A. (Bolivia, Nicaragua,
Ecuador, Uruguay) viene messo sotto
assedio tra infiltrazione di mercenari e provocatori dalla Colombia, stato
satellite degli U.S.A., e mediante l’assedio finanziario e sabotaggio
economico.
Stiamo vedendo una potenza come gli Stati Uniti
totalmente esasperata per le minacce alla propria supremazia e lo stesso Obama, che ha perso molte battaglie, come accaduto
l’anno passato in Siria, quando Putin, in
ultima istanza, grazie al suo ingegno creativo, ha risolto la situazione
determinata dalla minaccia di intervento U.S.A., fermano i bombardamenti con le
consegna delle armi chimiche siriane.
Obama e gli strateghi di Washington hanno ripreso
l’iniziativa creando il fattore ISIS (ci sono una quantità di prove che l’ISIS
è stato creato dalla CIA e dal Mossad) nel Medio Oriente.
Utilizzando questo pretesto vogliono prendere il
controllo della Siria ed installarsi nuovamente in Iraq, suddividendo il paese
in tre stati (Curdo, Sunnita e Sciita) ed avendone il
controllo delle risorse.
Dalla crisi siriana si è arrivati poi all’esplosione
della questione ucraina, con il golpe pilotato dagli Stati Uniti a Kiev e la
conseguenza della guerra civile, la successiva contromossa di Putin
dell’annessione della Crimea alla Federazione Russa.
Una crisi che ha visto ravvicinati i due principali
apparati militari che si fronteggiano in Europa: la NATO che ha attuato un
processo di accerchiamento strategico della Russia dal Baltico alla Georgia, e
le forze russe che si sono trincerate tra la Crimea, nel Baltico ed ai confini
meridionali del Caucaso per fronteggiare il sempre più minaccioso schieramento
della NATO.
Questo perché bisogna avere presente la sequenza
temporale degli avvenimenti: la Russia si è opposta alla strategia americana
che voleva rovesciare il governo (alleato di Mosca) di Al
Assad a Damasco e gli USA hanno attaccato gli interessi russi a nord, in
Europa, dove da tempo sobillavano per rovesciare il governo filo russo di Kiev.
I due conflitti, quello siriano e quello ucraino, sono
collegati dallo stesso fattore principale, la volontà statunitense di
contrastare la Russia e sottrarle le zone di influenza strategica.
La crisi siriana ed il fermo atteggiamento di Putin
hanno portato alle sanzioni contro Mosca e questa ha reagito stringendo
maggiormente la sua alleanza con i BRICS (Cina, India, Brasile
e Sud Africa) di cui
fa parte e promuovendo un interscambio che esclude il dollaro e prevede un organismo
finanziario internazionale che si sostituisce al FMI.
Questo ha scatenato una guerra finanziaria e valutaria
da parte del governo USA e delle istituzioni anglosassoni che hanno cercato
di:
indebolire tutte le valute tranne il dollaro; affossare il valore dell’oro; indebolire il rublo e cercare di isolare Mosca.
Si tratta di un’altra delle dimensioni di questo
conflitto: quella economica e finanziaria, tuttora in corso.
Tale situazione è stata sicuramente accelerata
dall’ultimo vertice tenutosi dei paesi aderenti al gruppo BRICS che ha di
sicuro indotto Washington a prendere contromisure sia finanziarie che militari,
con una corsa al riarmo missilistico e nucleare, in base alla nuova dottrina
dettata dagli strateghi della Casa Bianca, i quali hanno stabilito l’idea della
inevitabilità di un conflitto degli USA con Russia e Cina e della possibilità
per gli USA di sferrare il “primo colpo”.
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