Trentacinque anni, circa, senza sapere perché
quell’ambulanza che trasportava Rino Gaetano non
trovò mai un ospedale pronto a soccorrerlo.
La notte del 2 Giugno del 1981 alle prime ore dell’alba,
infatti, la Volvo 343 guidata proprio dal cantautore crotonese si schianta
contro un camion sulla Nomentana a Roma, all’altezza di via XXII Aprile, poco
prima di arrivare a casa sua (abitava con i genitori, portinai di un palazzo).
L’impatto è tremendo. Subito arriva l’ambulanza che cerca di trasportare il
cantante in ospedale.
Ma, inspiegabilmente, cinque nosocomi ne
rifiutano il ricovero.
Gaetano
arriva al Gemelli di Roma, ma ormai è troppo tardi. Muore appena 31enne. Eppure la sua tragica
morte era stata descritta dallo stesso cantautore in una sua lirica, mai
apparsa in alcun disco e riconducibile al periodo cosiddetto Folkstudio.
Stiamo parlando de “La Ballata di Renzo”, che
racconta la storia di un giovane che, a seguito di un incidente d’auto, non
riesce a trovare un ospedale per il ricovero. E la sorte fu ancora più cattiva
con lui. Ben tre dei cinque ospedali che rifiutarono di prestargli soccorso
sono citati nel testo della canzone. Una coincidenza agghiacciante acuita dal
fatto che da li a poco avrebbe sposato la sua fidanzata “Ameliuzza”, la
studentessa universitaria a cui era legato da tempo.
LA BALLATA DI RENZO
Quel
giorno Renzo uscì,
andò
lungo quella strada
quando
un’auto veloce lo investì
quell’uomo
lo aiutò
e
Renzo allora partì
verso
un ospedale che lo curasse
per
guarir.
Quando
Renzo Morì io ero al bar.
La
strada era buia
si
andò al San Camillo
e
lì non l’accettarono
forse
per l’orario.
Si
pregò tutti i Santi
ma
s’andò al San Giovanni
e
lì non lo vollero per lo sciopero.
Quando
Renzo morì io ero al bar.
Ormai
l’alba andarono al policlinico
ma
lo si mandò via perché
mancava
il vicecapo.
C’era
in alto il sole
si
disse che Renzo era morto
Ma
neanche al Verano c’era posto.
Quando
Renzo morì io ero al bar.
Al
bar con gli amici bevevo un caffè.
Oltre ad un grande vuoto, Rino
Gaetano lascia un’enorme eredità culturale. Le sue canzoni sono ancora
tutte attualissime ed ancora rivisitate da molti interpreti. Rino Gaetano è
stato un maestro per il suo modo ironico, ma mai banale, di avvicinarsi ai piccoli
ed ai grandi temi della quotidianità.
Difensore dei contadini del Sud Italia, dei quali si
ergeva quasi a paladino, e nemico dei giochi di potere della politica. Le sue
filastrocche sono uno spaccato della società che, 25 anni dopo, non è cambiata
molto.
Rino nelle sue canzoni metteva in musica, sia pure in
forma simbolica, il modus operandi
dell’organizzazione chiamata “Rosa Rossa”, nata nel 1887 nell’ambito della Golden Dawn (Alba
d’Oro). Nulla di strano in ciò.
I Rosacroce, compresa la Golden Dawn e la Rosa Rossa,
parlano in forma simbolica. Anzi, potremmo dire che parlano da secoli solo in
forma simbolica, per mezzo di messaggi veicolati nell’arte, nella letteratura,
nel cinema, nell’architettura.
Nascondo significati rosacrocianti le opere di Botticelli,
Giorgione, Leonardo in pittura; in musica è sufficiente ricordare “Il flauto magico” di Mozart; in letteratura
l’opera simbolo dei Rosacroce è La Divina Commedia che,
come dice Eliphas Levi, è un’immensa
allegoria rosacrociana, dove compare per la prima volta, in modo esplicito, il
simbolo dei Rosacroce: la Candida Rosa.
La Candida Rosa è
costituita dai beati, a cui Dante arriva, negli ultimi canti del Paradiso,
guidato da San Bernardo (il creatore della regola templare, un ordine
strettamente legato a quello dei Rosacroce).
Ed è proprio alla legge dantesca del contrappasso che
si ispira la massoneria rosacrociana quando là la morte a qualcuno.
A morire con la legge del contrappasso, nel campo artistico, ricordiamo:
A morire con la legge del contrappasso, nel campo artistico, ricordiamo:
- - Antoine de Saint-Exupéry,
che scomparve in volo, perché il suo volo, perché il suo libro “Il Piccolo Principe”, ove lui fa riferimento ad
una rosa rossa, mangiata da una pecora, narra proprio di un aviatore;
- - James Dean,
che morirà in una Porsche 550 che porta il numero 130, così muore il
protagonista del film “Gioventù Bruciata”;
- - Brandon Lee,
che morirà durante le riprese di un film in cui la pistola di scena, anziché
essere caricata a salve, è caricata con pallottole vere; una scena che era
ripresa da un film in cui aveva partecipato il padre, Bruce
Lee, anche lui morto in circostanze che definire poco chiare è un
eufemismo.
Rino, con le sue canzoni, fece né più né meno come
fanno tutti. Espresse il suo pensiero in musica, in forma simbolica. Sono
simbolicamente importanti tre canzoni, tratte dall’album “Mio fratello è figlio unico”: Rosita, Cogli la mia
rosa d’amore, Al compleanno della Zia Rosina,
ove sono descritti, in forma simbolica alcuni dei meccanismi operativi della Rosa Rossa.
PRIMA COINCIDENZA. Muore rifiutato da 5 ospedali, tra
cui il San Giovanni ed il San Camillo, in circostanze molto, troppo simili a
quelle raccontate nella sua canzone “La Ballata di
Renzo”. Infatti, il protagonista
muore rifiutato dagli ospedali San Camillo e San Giovanni.
SECONDA COINCIDENZA. Muore sulla Nomentana, strada che
deve il suo nome alla città di Nomentum, colonia di Alba
Longa.
TERZA COINCIDENZA. Si schianta contro un camion in
prossimità di un platano. Il Platano è un albero associato a Venere, perché
nella mitologia greca, Zeus incontrava Venere sotto un platano; il pianeta
Venere è associato a Lucifero, ed era anche noto come “stella del mattino”,
perché sorge poco prima del sole. All’alba appunto.
Tutti questi riferimenti portano alla Golden Dawn,
o Alba
d’Oro. Ricordiamo anche che Stella del Mattino è il nome di una
filiazione della Golden Dawn, cui apparteneva il mago Aleister
Crowley.
QUARTA COINCIDENZA. L’incidente avviene in una località
non troppo lontana dal luogo dove era morto in circostanze analoghe Fred Buscaglione. E ancora una volta possiamo
notare una coincidenza curiosa, perché Rino aveva cantato alcuni pezzi di
Buscaglione. Non a caso un giornale intitolò il pezzo della sua morte “Rino Gaetano come Fred Buscaglione”.
Fred Buscaglione muore il 3 Febbraio 1960 in un
incidente all’angolo tra via Paisiello e via Rossini, scontrandosi con una
Lancia Esatau. Il nome deriva da “esagramma” e Tau (croce), due simboli
fondamentali per la Golden Dawn: l’esagramma, o Stella di David, e la Tau, la
22esima lettera dell’alfabeto ebraico, che rappresenta la Croce, al cui centro
c’è – nella simbologia rosacrociana , la Rosa Rossa.
QUINTA COINCIDENZA. Entrambi i cantanti muoiono
all’alba.
SESTA COINCIDENZA. Anche il protagonista della Ballata
di Renzo muore all’alba, e verrà sepolto al Verano, come Rino.
SETTIMA COINCIDENZA. I funerali di Rino si svolgono
nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù. E la rosa rossa rappresenta… il cuore di
Gesù.
OTTAVA COINCIDENZA. L’edificio dove Rino abitava, a
Crotone, si trasformò in un albergo ristorante. Il nome? La casa di Rosa.
NONA COINCIDENZA. La Rai produce fiction su Rino
Gaetano, ne stravolge vergognosamente la vita facendolo passare per un drogato,
trasfigura il rapporto con il padre descrivendolo falsamente come un rapporto
conflittuale: lo fa passare per un traditore incallito, solo e senza amici
(mentre invece, pochi giorni dopo quel fatidico 2 Giugno, si sarebbe dovuto
sposare); la fiction è prodotta dalla Ciao Ragazzi, casa produttrice che
ricorda molto l’acronimo rosacrociano CR, ed è realizzata da Claudia Mori, che
ha due figlie: Rosita e Rosalinda, RR.
Coincidenze ovviamente.
Quante possibilità c’erano, statisticamente, che Rino morisse
esattamente come descriveva in una sua canzone? Statisticamente: zero.
Inoltre ricordiamoci che Rino disse: “vogliono mettermi
il bavaglio ma non ci riusciranno”; e disse anche che le sue canzoni sarebbero
state capite un giorno, quando la gente si sarebbe domandata cosa succedeva
sulla spiaggia di capocotta.
A cosa alludeva Rino?
Chi voleva mettergli il bavaglio?
E perché?
Se cantava le sue canzoni senza senso, perché qualcuno
voleva farlo zittire? Per gli anticomplottisti ad oltranza, si sa, Rino forse
delirava (del resto non era un ubriacone, come ce lo ha presentato la fiction
della Rai?) E chissà a chi alludeva dicendo che qualcuno voleva mettergli il
bavaglio.
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