lunedì 13 gennaio 2014

IL GAS DI "BROWN"

 

Il gas di Brown (ossidrogeno) è la combinazione di idrogeno ed ossigeno scomposti elettroliticamente dall’acqua.

Come sappiamo, l’acqua ricopre il 70% della superficie terrestre e costituisce oltre il 65% del corpo umano. L’acqua pura a pressione di 1 atmosfera si trasforma in vapore a 100°C e gela a 0°C.  
La sua densità è di 1 kg al litro.  
  
Dal punto di vista chimico, l’acqua pura è composta da due atomi di idrogeno ed un atomo di idrogeno (H2+O).
Essa è quindi un monossido di idrogeno. 
Quest’ultimo è il primo elemento della tavola degli elementi e significa che “genera dell’acqua”, mentre Ossigeno significa che “genera la vita”.
Sappiamo anche che senza acqua non c’è la vita.
Ma il prezioso elemento non è solo questo. 

                                    
Ha molte potenzialità, alcune delle quali scoperte, approfondite, utilizzate, ed altre volutamente celate, anche se conosciute in passato.

Una potenzialità che giustifica ed aiuta a comprendere la tecnologia utilizzata dai popoli antichi per la creazione di alcune cose ritenute fino ad ora impossibili, è stata scoperta da Ilya Velbov (1922-1998), nato in Ungheria e naturalizzato in Australia col nome di Yull Brown.

Il “Gas di Brown” è stato brevettato e depositato la prima volta nel 1977 in Australia e successivamente negli Stati Uniti il solito anno ed anche nel 1978.


Il quale è riuscito a produrre, attraverso l’elettrolisi, una miscela gassosa composta da Idrogeno e Ossigeno, mantenendo il relativo rapporto stechiometrico dei due elementi: due atomi di idrogeno per ogni atomo di ossigeno. Tale gas può essere immagazzinato sotto pressione come quello naturale ed è sufficiente una bottiglia di plastica per contenerlo. In questo rapporto tra Idrogeno e Ossigeno si verificano effetti molto speciali.

In genere, quando brucia, l’idrogeno produce una fiamma lenta oppure un’esplosione sommessa; se invece è combinato con l’ossigeno può divenire una miscela 
altamente esplosiva.  


           
Al contrario i due elementi adoperati nelle stesse proporzioni presenti nell’acqua non producono esplosioni e una volta riuniti, a mezzo di una scintilla, implodono generando un gas. Questo gas sfrutta gli atomi e non le molecole e la fiamma che ne scaturisce riesce a vaporizzare le sostanze che si pongono davanti ad essa perché interagisce con la sostanza dell’oggetto che sta trattando.  
  
Pur sviluppando un calore di 130°C, il gas riesce a vaporizzare il tungsteno che si scioglie a circa 6.000°C, permettendo allo stesso tempo di tenere con una mano il tungsteno che si vaporizza o l’oggetto da tagliare. 

Infatti la fiamma si concentra solo nel punto ove avviene l’azione e l’operazione di taglio si verifica prima che il calore, condotto dal metallo, abbia il tempo di giungere alla mano, contrariamente ai dispositivi convenzionali per i quali si devono indossare guanti di amianto.


Non emette radiazioni nocive e la sua fiamma può essere guardata senza maschere protettive; è inodore e non nuoce se inalato, non esaurisce l’ossigeno vicino alla fiamma perché proprio da questo deriva e da come residuo, dopo la sua combustione, dell’acqua.   

Fonte varie da Web

Nessun commento: