La Repubblica Popolare Cinese è uno dei più importanti
centri economici del mondo, un colosso industriale e rappresenta un’infinita
ricchezza storico-culturale. Ha una popolazione di oltre 1,35 miliardi di
persone, senza contare gli emigrati.
Un paese pieno di contraddizioni. Un paese di stampo
socialista con un sistema economico inserito perfettamente nell’economia
globale capitalista. Ma per questo genere di informazioni basta Wikipedia.
Invece, dello strano fenomeno delle città fantasma non si sa niente.
Negli ultimi 20 anni stanno sorgendo immensi
agglomerati urbani, completamente deserti, costruiti dalle grosse società
immobiliari cinesi nei paesi africani, in Mongolia e nella stessa Cina.
Si tratta di vere e proprie città fatte di grattacieli,
palazzi di lusso, piazze, piscine, centri commerciali, complessi sportivi.
Città che potrebbero ospitare una popolazione di un milione di persone, ma completamente
vuote: città fantasma.
A cosa servono?
A cosa servono?
Per rispondere a questa domanda, si possono utilizzare
due approcci diversi. Il primo è legato al fatto che da molti anni in Cina si
sta verificando un’inspiegabile crescita nel settore immobiliare. Questo
fenomeno assume un aspetto ancora più strano se correlato alla crisi che lo
stesso settore vive in tutti i paesi occidentali.
L’assenza di abitanti in queste enormi agglomerati
urbani di certo non rende la situazione più chiara.
Queste città sono costruite con ottimi criteri e gli
appartamenti potrebbero andare a ruba, dati i costi piuttosto bassi. Tuttavia,
nei paesi considerati del terzo mondo, non esiste la classe media: esistono
solo i più poveri e più ricchi.
Quindi non c’è nessuno che potrebbe comperare questi appartamenti. Che senso ha dunque costruire intere città nelle zone dove non si venderà nulla? Come fa il settore immobiliare in Cina a rappresentare ben il 13% del PIL del paese se le vendite sono così basse?
Quindi non c’è nessuno che potrebbe comperare questi appartamenti. Che senso ha dunque costruire intere città nelle zone dove non si venderà nulla? Come fa il settore immobiliare in Cina a rappresentare ben il 13% del PIL del paese se le vendite sono così basse?
Il governo cinese considera questi progetti come parte
della crescita, ma la Cina calcola una parte del proprio PIL in base alle nuove
costruzioni, non in base alle vendite. Quindi poco importa se la società
immobiliare che investe nelle costruzioni riesca poi a vendere o meno: le sovvenzioni
statali vengono in ogni caso ricevute.
Più cantieri vengono aperti, più il PIL del paese
segnala una crescita, più sovvenzioni ricevono le società immobiliari. Si
tratta chiaramente di una vera e propria bolla speculativa che si esprime in un
valore di ben 3 trilioni di dollari.
Da non dimenticare che la Cina è al primo posto tra i
detentori del debito pubblico americano. Queste obbligazioni, se non vengono
investite, perdono di valore a causa della svalutazione dovuta all’inflazione.
Questo strano fenomeno immobiliare, oggi, conta oltre
60 milioni di case vuote e almeno 11 città fantasma solo in tutta la Cina. Una
di queste città si chiama Kangbashi costruita nel 2004. Poi c’è Ordos, dove
solo il 2% delle case è abitato.
Molte di queste costruzioni sono state lasciate allo
stadio di cantiere: mai terminate. E poi ci sono vere e proprie repliche delle
città europee, come la finta “Parigi”.
E’ evidente che il mercato immobiliare cinese non segue
la regola base di un qualunque mercato sano, cioè quella della domanda e
dell’offerta, ma si configura come una bolla costruita attraverso truffe
speculative in borsa che prima o poi è destinata a scoppiare, dipingendo uno
degli scenari più macabri di un futuro forse non troppo lontano.
Tuttavia, oltre alla questione legata al PIL e alle
bolle speculative, c’è una spiegazione diversa e forse ancora più inquietante
al fenomeno delle città fantasma, legata ai cambiamenti climatici che negli
ultimi 50 anni hanno interessato il nostro pianeta.
Non è un segreto per nessuno che il clima sta
cambiando. Non è un fenomeno nuovo: il nostro pianeta attraversa costantemente
una seria di fasi. Una di queste si chiama “piccola era glaciale” e avviene più
o meno ogni 20.000 anni. Disgraziatamente, pare che ci stiamo entrando proprio
adesso.
Alcune zone della Terra verranno maggiormente colpite,
altre invece se la caveranno relativamente bene. Le zone meno a rischio sono
considerate quelle della Russia Centrale (Siberia) e quelle del continente
africano.
Ora, sappiamo che le zone più abitate in Cina sono le
regioni del Centro-Sud del paese, nelle zone meno abitate al confine con la
Mongolia. Cioè, le zone considerate meno a rischio non solo dal punto di vista
climatico ma anche dal punto di vista sismico.
Inoltre, tra la Russia e la Cina è stato firmato il
cosiddetto “Accordo del Secolo” che vede la costruzione di un gasdotto che
passa dalla Russia, attraversa la Mongolia e finisce diritto in Cina,
giusto-giusto nel nord del paese.
Se sarà la Cina a farsi carico della sua costruzione, le
città fantasma assumeranno un ruolo cruciale, poiché possono essere riempite di
operai.
Forse la stessa interpretazione può essere data per le
città fantasma costruite in Africa. Sappiamo bene che si tratta di una terra
molto ricca dal punto di vista delle risorse naturali. Anzi, l’intero blocco
dei cosiddetti BRICS è autosufficiente e la Russia, oltre ad essere una miniera
di materie prime, gode di grandi risorse tecnologiche nel campo militare (è il
secondo paese al mondo dopo gli USA nella vendita delle armi).
Il Sud Africa è un paese estremamente ricco dal punto
di vista delle risorse naturali, come anche il Brasile. La Cina e l’India
rappresentano una fonte infinita di risorse umane: manodopera a basso costo. E
i BRICS hanno persino fondato una loro banca! Un concorrente diretto del FMI(Fondo Monetario Internazionale).
Alla luce di queste considerazioni, l’esistenza delle
città fantasma sembra essere un fenomeno legato, più che a una mera questione
di bolle speculative, a strategie geopolitiche ben precise.
La Cina considera il continente nero un investimento
cruciale per il futuro. Questi investimenti potrebbero trasformare l’Africa in
un vero e proprio continente satellite. E moltissimi, del resto, sono i
prestiti che le banche cinesi offrono ai paesi africani.
Prestiti che chiaramente serviranno ad esercitare
pressione sui governi, al momento opportuno. Tra l’altro le società di
costruzione non esano la manodopera locale, ma importano i propri lavoratori,
anche se dal punto di vista economico è più dispendioso: negli ultimi dieci
anni gli scambi economici tra la Cina e l’Africa sono aumentati di ben sette
volte e sono già più di un milione i cinesi che si sono trasferiti nel
continente nero.
Sembra, insomma, che queste città stiano aspettando
qualcosa, qualcosa come un rovesciamento nei rapporti di potere espressi sul
tavoliere geopolitico. Qualcosa che di certo non andrà a vantaggio
dell’egemonia occidentale.
1 commento:
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