lunedì 3 giugno 2013

PIUME DALLE ALI DI UN ANGELO

   Nel 1979, in pieno servizio di leva, lessi per la prima volta "La Stanza Vuota" un'antologia di racconti di Thomas M. Disch  , tra i vari titoli v'era uno che mi piacque talmente tanto che lo trascrissi di sana pianta a penna nel mio quaderno di riflessioni poetiche. Come da mia personale indole, da sempre condivido tutto ciò che ritengo bello, interessante ed utile. Il racconto in quel periodo mi procurò delle intense emozioni che a tutt'oggi ancora mi permangono. Naturalmente, in passato, lo ho condiviso e consigliato ai miei conoscenti. Oggi l'ho riletto nuovamente e devo dire che riesce a procurarmi ancora le stesse identiche emozioni. Mi piacerebbe trascriverlo sul presente post, ma sicuramente capirete che per motivi di privacy tutto ciò non è possibile. Posso, però, accennarvi la parte iniziale e consigliare di completare la lettura non appena verrete in possesso del racconto completo.

PIUME  DALLE  ALI  DI  UN  ANGELO
Thomas M. Disch

Per tutta la notte la gelida neve era caduta sul tetto della minuscola casa a Parsons, nella Virginia occidentale, la casa dove abitava Tom Wilson.                           Al mattino l'accecante manto bianco si stendeva ovunque l'occhio si posasse, sui pini, sullo stagno ghiacciato, come un'immensa coperta di immacolata purezza che tutto nascondeva.                                                                                                                                                               Altrove doveva pur esserci canti spensierati, ma nella casa di Tom Wilson una madre stava morendo. Il tempo le ha sparso fiocchi bianchi sulle sopracciglia e scavato solchi profondi sulle guance.                                                                              Ma non è bellissima anche così?
Le labbra sono sottili e raggrinzite, ma sono labbra che hanno baciato molte lacrime calde sulle guance infantili, guance e labbra le più dolci del mondo.
Mentre candite nubi lanose correvano davanti al sole, un uomo segnato dal dolore - era Tom - si torceva le mani incallite dal lavoro e divideva gli sguardi fra la donna morente e, nel lettino a rotelle, la bambina addormentata le cui labbra tenere come bocciolo di rosa sembravano baciate da una luce celeste.
Quali giorni più felici, svaniti o ancora da venire,                                      riempivano il riposo innocente di sogni bellissimi?
Quali visioni di felicità ultraterrena le apparivano fugaci?
Non può essere che la Terra sia l'unica dimora stabile dell'uomo!
Non può essere che la nostra vita sia solo una bolla lanciata con un soffio                       dall'eternità a galleggiare un istante sulle sue onde per poi risprofondare nel nulla?
Perché altrimenti le meravigliose aspirazioni che si librano come angeli dal tempio del nostro cuore dovrebbero continuare a vagare insoddisfatte?
Perché il radioso splendore della bellezza umana ci dovrebbe venire così rapidamente strappato lasciando le mille correnti dei nostri affetti precipitare come torrenti alpini sui nostri cuori?
Deve esistere un mondo dove l'arcobaleno non si dissolve mai?
La scena in cui questi avvenimenti si svolgevano era la casa di una famiglia che non ha mai conosciuto splendore o ricchezza, l'abitazione di gente "comune", eppure possedeva una bellezza che molti milionari avrebbero dato chissà cosa per trovare.
Le semplici assi d'abete del pavimento e delle pareti brillavano di uno splendore che non era lo splendore dell'oro e dell'argento.
Il copriletto a scacchi che la donna si stringeva ogni tanto al seno, reprimendo gli spasimi di tosse per non disturbare il sonno e i sogni del suo piccolo tesoro, era stato cucito da quelle stesse mani, oh, quanti anni prima!, e benché fosse scolorito e logoro, proprio come lei, non era meno bello ora che il giorno in cui era stato solo una fantasia multicolore, una visione d'ali di farfalle e di giardini ridenti di fiori.
Le campane di una chiesa cominciarono a suonare, e Tom alzò gli occhi, come chi addormentato, si desta da un sogno.
Di fronte a lui, sul tavolo erano posati una matita e alcuni fogli di carta a righe, strappati da un quaderno di scuola.
Negli occhi luminosi c'era l'ombra scura di un dolore insopprimibile.
Quali pensieri aveva suscitato il suono delle campane nella mente turbata?
Con le dita callose, che per tanti anni hanno maneggiato con onestà il martello da minatore, Tom afferrò goffamente la matita.
Può sperare di riversare sulla carta il tumulto di emozioni che gli agita il cuore?
Mordendosi il labbro superiore con intensa concentrazione, cominciò a scrivere:


"PIUME DALLE ALI DI UN ANGELO"
Una storia vera di Tom Wilson

                                                                                          .../...

   Se davvero, come credo, vi sia piaciuto, questo racconto non può assolutamente mancare nella vostra libreria. Lo potete trovare qui





1 commento:

Blogger ha detto...

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