sabato 16 novembre 2013

AGOSTINO FANTONI "L'Inventore della macchina per scrivere"

rarissimo disegno della prima macchina
La storia della macchina per scrivere è complicata.
Molti si sono presi il merito. 
A tanti altri viene attribuita la paternità. 
Certo che i modelli di macchine cui eravamo abituati a vedere ed usare nel recente passato, sono tanti: tutti frutto di continue modifiche ed evoluzioni avvenute nel corso di centinaia d'anni.                                         Ognuna delle quali ha avuto una propria paternità.

Diversi "padri" sono universalmente riconosciuti tali per il successo commerciale ed industriale della loro macchina.

Eppure tutto ciò deve pur avere avuto un inizio. Il 6 Gennaio 1714, la Regina Anna d'Inghilterra riconobbe a Henry Mill il brevetto numero 385 con la descrizione: "Per una macchina artificiale e un metodo per imprimere o trascrivere le lettere, singole o in progressione una dietro l'altra, così da concentrare tutto lo scritto sulla carta o sulla pergamena in maniera tanto chiara e pulita da renderlo indistinguibile da un'opera stampata".
Tuttavia tutto quello che resta dell'invenzione è solo il nome del brevetto: non un prototipo, una descrizione o un disegno, neppure qualche informazione sull'inventore stesso. 
Così la "macchina per scrivere" cade nell'oblio per quasi un secolo, fino a quando non intervenne il "genio italiano".


Pellegrino Turri
Per anni la paternità dell'invenzione della prima originaria macchina per scrivere venne assegnata all'ing. Pellegrino Turri di Castelnuovo Garfagnana, uomo eccentrico e pratico, che perfezionò la macchina del suo grande amico, cugino della contessa Carolina Fantoni, per fare dono a quest'ultima di una macchina che l'aiutasse a scrivere visto che anch'ella era divenuta cieca. 
Una modifica integrativa e migliorativa apportata  è l'invenzione della carta carbone ("carta nera"), anticipando di qualche anno il britannico Ralph Wedgwood, che depositò il 7 Ottobre 1814 il brevetto.  


Ma è grazie al ricercatore fivizzanese  Rino Barbieri che, spulciando l'Archivio Fantoni conservato nell'Archivio di Stato di Massa, è emerso il vero ideatore: il Conte Agostino Fantoni, il grande amico di Pellegrino Turri, che nel 1802 ideò e costruì la prima "macchina per scrivere" per la sorella Anna che era diventata cieca. Quel congegno di legno e ferri del quale non è rimasto disegno fu la prima a stampare come fa una moderna macchina per scrivere.


A testimonianza di quanto descritto vi sono alcune lettere scritte tutte in caratteri a stampatello bene allineati in un inchiostro nero tipo carta carbone, visibili presso l'Archivio Storico di Reggio Emilia. In alcune di queste, scritte da Agostino Fantoni (nell'anno 1802 circa) e rivolte allo zio Giovanni Fantoni - Labindo, noto poeta, si legge:
"Ti do avviso che ho inventato uno strumento onde l'Anna possa scrivere liberamente, se in questa settimana verrà il legnaiolo per la posta ventura ti scriverà di proprio pugno, mi struggo di vedere come riuscirà in pratica la mia idea, ma mi lusingo da alcuni tentativi fatti che riuscirà perfettamente". 


Ci vollero più di venti anni prima che qualche altro apportasse migliorie e/o innovazioni alla "macchina".


Nel 1823, l'italiano Pietro Conti costruisce il "Tachigrafo", prima scrivente a tasti e leve. Il dispositivo, di cui rimangono soltanto delle descrizioni, era capace di scrivere manovrando su una apposita tastiera. La portò in Francia, la brevettò, fece una dimostrazione all'Accademia di Francia che la testò, l'approvò e alla fine l'acquistò.
Nel 1830 un giovane di Carrù, Celestino Galli, costruì il "Potenografo Meccanico", una macchina con tasti corrispondenti alle lettere dell'alfabeto sistemate su due cerchi concentrici: con una mano si stampano le vocali, con l'altra le consonanti. I caratteri venivano impressi sulla carta che era avvolta attorno ad un rullo. Galli portò la sua macchina in Inghilterra dove fu ricevuta con grande interesse, tanto che meritarsi l'attenzione del "Times" che le dedicò un lungo e positivo articolo. Ciononostante questa macchina non fu mai realmente costruita, finendo per venire quasi dimenticata.


Nel 1855 l'Avv. Giuseppe Ravizza di Novara brevettò a Torino un'apparecchio denominato "Cembalo Scrivano", strumento rivoluzionario di scrittura, così denominato perché presentava una piccola tastiera simile a quelli dei cembali sulla quale erano dipinte le lettere dell'alfabeto e i segni di interpunzione. Rispetto alle altre macchine da scrivere prodotte fino all'epoca aveva delle novità di rilievo, quali: il telaio mobile, la tastiera orizzontale, il dispositivo dell'interlinea, il campanello di fine riga e il nastro inchiostrato. 
Ravizza costruì nel corso degli anni ben 17 modelli apportando ogni volta modifiche e migliorie; ma nonostante il successo, non riuscì mai a trovare uno sponsor che lo sostenesse nella produzione industriale del suo modello.
Non pensò mai di depositare il brevetto, che gli americani invece depositarono, divenendo così la prima nazione al mondo per la produzione di questa stupenda scoperta.

Anche questa è stata un'altra grande occasione persa per primeggiare su tutti, e non solo per "il genio italico".


Fonte qui e varie da web












1 commento:

Blogger ha detto...

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