domenica 26 maggio 2013

L'UOMO DELLA FONDAZIONE Parte Prima Cap. 2


                                                2

   L’indomani, un tenue tiepido fascio luminoso, perfetta simulazione di un raggio di sole mattutino, penetrò nella stanza illuminando i loro corpi ancora nudi.


 Un secondo raggio, un terzo e poi altri ancora illuminarono gradualmente, come programmato, tutta la camera.
  Una brezza fragile s’alzò pianissimo, profumi primaverili d’erba bagnata dalla rugiada e d’alberi in fiore impregnarono l’aria e fruscii di foglie al vento e lontani cinguettii completarono la messinscena, deliziando i due amanti e preparandoli ad un dolce risveglio.

La notte, la loro notte, come un freddo e lungo inverno, era finita.
  Il giorno, un nuovo giorno, come la primavera appena rappresentata, ebbe inizio.
 Al risveglio, dopo essersi entrambi puliti ed adeguatamente vestiti, si ritrovarono seduti, l’uno di fronte all’altro, al tavolo da pranzo posto  al centro della piccola ma confortevole sala.
 Entrambi, simultaneamente,  protesero le loro braccia, con mani e dita spalancate, alla ricerca delle altre.
Sorvolarono e sfiorarono i contenitori, le pietanze dell’abbondante  colazione sul tavolo imbandita, s’incontrarono.
  - Non ti dimenticherò mai. – disse l’uomo spezzando l’incantesimo del momento ed il loro lungo complice silenzio.
  - Lo so, - affermò la donna, - ne sono certa.                                        Sarò per sempre al tuo fianco per ricordartelo. -
 Davvero n’era certa? Da sempre Mitza Lizalor, Ministro dei Trasporti  veniva indicata, considerata una donna dotata di forte e spiccata personalità.  Senza dubbi ed incertezze e, per alcuni, senza scrupoli. Aveva conquistato una delle cariche politiche più importanti del pianeta; ed era, per i canoni politici,  ancora giovane e,  per l’opinione di tanti, la più adatta ed accreditata a ricoprire la massima carica politica di Comporellen, il loro freddo ed orgoglioso mondo.
 Ma, l’amore no!   Questo sentimento nuovo, finora a lei sconosciuto, esulava dai calcoli, dai piani e dagli intrighi propri della politica.
 L’aveva finalmente scoperto, come un dono l’aveva accettato.
         Era bello amare ed era ancora più bello sentirsi amata.
Che durasse giorni, anni o l’intera esistenza, poco importava.
 Preferiva lasciarsi cullare ed assaporare appieno, giorno dopo giorno, le nuove ed intense emozioni, senza contaminarle con l’incertezza del domani.                                                                                                                             
   - Per amore, per amore di un solo giorno, non esitai, allora, a tradire il mio paese pur di non ferirti.  Potevo, anzi dovevo consegnarti al tuo governo.   Egoisticamente ho accettato poi il tuo dolore, non ti ho mai chiesto spiegazioni, finora.   Non sopportavo l’idea di perderti ancora dopo che, così insperabilmente ti avevo ritrovato.     
 - Io…- provò ad accennare inutilmente Golan, ma come un fiume in piena continuò in tono grave, da rimprovero:   - Accidenti, Golan, dovevi informarmi sulla tua intenzione di recarti a Baleytown.
  - Perché mi avresti aiutato o addirittura accompagnato? -
  - No, te lo avrei impedito!   Non perché sia vietato, ma per amor tuo, avrei fatto di tutto per scoraggiarti a visitare quel posto maledetto. -
  - Ancora superstizione! -
  - No, Golan, è certezza.  Il nostro è un pianeta freddo, difficile, ma non ostile. –  Così dicendo s’assunse l’onere di spiegargli quello che  conosceva da sempre.      
-  In migliaia d’anni mai un cataclisma, non abbiamo  attività  vulcaniche,  né  assestamenti  geologici,  e  neppure improvvise variazioni meteorologiche,  se non di  lieve  entità,  tranne una volta, una sola inspiegabile volta. -
  -  Cosa sarebbe accaduto d’unico  e  inspiegabile  –  incalzò  in  tono ironico Golan. -
  -  Guarda  - gli rispose stizzita  Mitza    -  anche se mi fa piacere vederti  nuovamente  sorridere,  ti faccio presente che  questo  è  un  argomento tabù,  tale da  non trovare nessun comporelliano disposto  a parlarne.  Se lo faccio, riuscendo, non senza sforzo, a sopportare la tua ironia, è solo perché ti amo. -                  
  - Scusami, non era mia intenzione ferire i tuoi, i vostri credi.           Sai io vengo da un pianeta giovane,  razionale,  la cui breve storia, gli avvenimenti,  i  personaggi  sono tutti ampiamente documentati e raccolti in quella che, inizialmente, era la nostra unica missione:           L’ Enciclopedia Galattica.                                                                     Mi riesce,  quindi,  difficile accettare un avvenimento accaduto, come fatto inspiegabile.  Ti prometto, fin da ora che qualsiasi cosa tu voglia raccontarmi su usi e costumi della vostra cultura  e  tradizione sarà da  me tenuta nella giusta considerazione. -
  - Va  bene …  dicevo che un forte cataclisma colpì nel  primo secolo quello che allora il primo ed unico insediamento dei primi coloni.      - Purtroppo no, per quel periodo non abbiamo documenti certi ma solo trascrizioni postume  dei  racconti  dei  nostri  antenati,  tramandati da generazione in generazione.

  -  Non  è  certo  un  sistema  affidabile,    disse Golan,  questa volta seriamente    ogni essere umano tende, anche se  inconsapevolmente    a  modificare  i  racconti,  le  notizie,  secondo il proprio carattere,  lo stato d’animo,  la propria personalità.   Quanti  più  numerosi  sono  i passaggi, meno è attendibile la veridicità dei racconti. - 
  - E’ vero.  Ne siamo pienamente consapevoli, ma non possiamo fare altrimenti. -                       
  - Non credo sia andato tutto distrutto, ed io ne ho prova.           Perché,  nell’interesse della verità storica,  non organizzate una spedizione; anche se per voi il luogo è maledetto? –
  - E’ del tutto inutile, Golan,  i  primi coloni erano uomini duri,  rudi, costretti ad esserlo.  Si  racconta  che  si  prepararono ad esserlo ancor prima di emigrare,  per  abituarsi  agli  spazi aperti dopo la vita sotterranea negli immensi ed affollati abissi delle loro “Città”, nelle quali il genere umano era costretto a vivere da secoli.                               Quando sbarcarono,  decine di millenni fa,  dovettero  dapprima fronteggiare le difficili condizioni,  per  loro  sicuramente  estreme,  di un mondo desolato e freddo. 
Poche centinaia di persone s’insediarono e fondarono la loro prima città e la chiamarono”Baleyword”,  si dice in onore di un eroe del loro pianeta e del figlio che li guidava.              
 Al  termine  delle  numerose altre ondate di nuovi coloni avvenute nei decenni  successivi,  abbandonarono  la città  subito dopo l’evento catastrofico che la fece sprofondare.
 A quel punto con profonda ammirazione,  Trevize, si trovò ad immaginare la dura vita,  le gesta di quegli antichi coloni che non esitarono a lasciare,  forse per sempre,  il loro pianeta natale pur di inseguire un loro sogno,  sfidando i rischi,  i sacrifici,  le difficoltà legate alla colonizzazione del loro nuovo mondo.
  - Ehi, Golan, mi stai ascoltando? – disse Mitza vedendolo con lo sguardo fisso, perso nel vuoto. -                                                         Si, scusami  –  gli rispose  –  e che cercavo di immaginare la loro vita dura  senza  le  comodità  e  la  tecnologia moderna cui non sappiamo rinunciare,  poi  con  slancio  disse: -  Ebbene  quale  uomo  della Fondazione,  la cui tecnologia non ha  uguali  in  tutta  la  Galassia,  e quale uomo politico,  i  cui  privilegi  e comodità  sono  ben  risapute, saprebbe rinunciare a loro per inseguire un ideale?
  - Se è per amore,  per amore tuo,  non esiterei un solo istante – disse con galanteria, ma senza troppa convinzione, Golan Trevize.  Con  abilità  ( quale uomo  politico  non  lo  era? ) riuscì  a  dribblare l’argomento  incautamente  accennato  ritornando  sui  coloni  con  un attenzione volutamente maggiore.                                                    Allo stesso modo Mitza  doppiamente abile,  in quanto donna, nonché persona politica, lo assecondò.
 Gli descrisse,  così,  del perché quel posto maledetto era per tutti loro anche e soprattutto un tabù, da non riuscire a parlarne.
 Non  gli  fu  facile,  con disagio ed in modo frammentato per le interruzioni dei continui gesti scaramantici, ma lo fece.                             Gli raccontò dei numerosi sbarchi d  nuovi  coloni,  delle  notizie  che portavano,  dell’inspiegabile radioattività in aumento sul loro pianeta; delle sempre  più numerose spedizioni su diversi altri della sterminata Galassia,  ancora  da  colonizzare;  dell’abbandono  quasi  totale della numerosa  popolazione;   di   come   il  mondo  originario  del  genere umano stava morendo.
  - Capisci ora perché,  per noi comporelliani, ci riesce difficile se non impossibile pronunciare anche il solo nome? -
  - Si. Lo capisco -
   - E…   allora  vedrai  che  dopo  capirai  anche  il  perché,   per  noi, Baleyword è un luogo maledetto.                                                       Ad ogni nuovo sbarco di coloni;  ad ogni notizia, sempre più catastrofica, s’intensificava la convinzione che la radioattività non fosse altro che una maledizione:  il  giusto  castigo per  millenni d’incurie e maltrattamenti del pianeta.                                                            Iniziarono a bandire i manufatti,  gli attrezzi  e  i macchinari importati dal pianeta, fino alla loro completa sostituzione con i prodotti locali.
Nel timore che anche il più piccolo oggetto potesse  attirare  il castigo anche sul loro mondo,  si spogliarono di tutti i loro averi e non permisero a nessun altro di provenienza terrestre di atterrare sul  pianeta.   
Finché un fatidico giorno, circolò voce che un gruppo di persone, una associazione denominata “ Medievalisti” possedesse ancora manufatti terrestri, anche antichi, conservati nei sotterranei del loro edificio.
  - Riesco ad immaginare la  scena    disse  interrompendola  più  che altro per dimostrare il suo sempre più crescente interesse.          


  - Davvero? –  per nulla infastidita,  anzi con il sorriso sulle labbra ed in tono di sfida lo invitò a continuare in sua vece.
  - Non è poi così difficile – s’affretto a dire, accettando la sfida.
  - In  breve  si  radunarono  folle  di  persone  sempre più numerose e minacciose,  e,  come spesso accade,  bastarono poche persone, anche una sola voce d’incitamento ad  indirizzarle,  ormai  impazzite,  verso l’obiettivo,  oggetto delle proprie ignote paure.   Quanto poi tali folle, inconsapevolmente,  nascondono  nei loro interni individui pericolosi dediti  unicamente  a  sfogare  le  proprie frustrazioni con la violenza,  oppure animate da oscuri scopi diversi, sicuramente personali, s’inferociscono, travolgono e distruggono ogni cosa.                               
 -  Deve essere sicuramente andata in tal modo, è così?
-  Pressappoco, hai davvero fatto una buon’analisi psicanalitica.      Sei stato tratto in inganno  unicamente  dall’epilogo,  d’altronde facilmente prevedibile, visto che la storia  e  non  solo la nostra  è piena di episodi analoghi, spesso violenti.          
 Ma,  purtroppo  non  è  così !            
 Lo  fosse  stato,  avremmo  avuto  una  spiegazione  ugualmente  non dettagliata,  ma quantomeno logica.   Invece,  quando le  folle conversero unendosi in unica grande  ed  immensa  nei  pressi della sede dei “Medievalisti”,  tutto lo spazio,  dalla folla stessa,  occupato di  colpo sprofondò trascinando nella gran voragine apertasi, migliaia di persone ed interi isolati.
 Fino a questo punto,  tutte le versioni dei racconti tramandati concordano,  ma  sulla  reale  natura  della  causa  scatenante non vi è alcuna spiegazione scientifica ancora.
  - Siete sicuri?   Furono fatti i dovuti sopralluoghi, le analisi geologiche,  i monitoraggi del territorio e quant’altro servisse per stabilire la causa? -
  - No, non furono fatti! -
  - Perché? –
 - Mah!    Di preciso non saprei,  non ci sono notizie al riguardo,  ma solo ipotesi, congetture.-                                                  Approfittando della pausa che ne segui,  Trevize, rimasto fino al quel mentre seduto,  s’alzò e  silenziosamente,  seguito dallo sguardo della sua interlocutrice, si portò alle dietro, alle spalle della donna, con dolcezza gliele cinse in un abbraccio.   Alzò,  poi,  i lunghi capelli fino a liberarne il collo e lo baciò e sempre silenziosamente si rimise a sedere e, fissandola intensamente negli occhi, le disse:                                                                                                       - Quante altre virtù ancor mi nascondi?   Hai  la  capacità  di  rendere veramente interessante ed appassionato anche un avvenimento di cronaca, di storia, pur se tragico. -
  - Potrei dirti che è tutto merito tuo,  Golan,  che hai risvegliato in me passioni nascoste, ed in parte è così. 
 Ma in verità tali racconti furono da me, a suo tempo,  raccolti ed elaborati perché materia di discussione per il conseguimento della mia laurea. -
  - Allora  se vuoi da me un voto,  un giudizio finale,  devi completare la discussione. – disse scherzosamente Trevize.
- D’accordo maestro – gli rispose con il sorriso Mitza.
-  Così con ancor più passione di prima gli spiegò:                                                                                                                                                         - Immagina la vita dura dei coloni,  i sacrifici,  la scarsità di mezzi, di uomini che dovettero affrontare per lunghi decenni un pianeta difficile,  inospitale  come  il nostro.  Eppure  riuscirono  a  fondare  la  loro prima città,  ogni anno più grande,  eppoi  di  colpo vedersela distruggere, sprofondare negli abissi. I pochi superstiti dovettero ricominciare, semmai avessero smesso, nuovamente a sacrificarsi. Abbandonarono per sempre e completamente il vecchio sito.
Per loro non era una catastrofe di causa naturale, ma un castigo.
Non dimenticare che provenivano direttamente dalla T…., dal pianeta originario ed i rilievi,  le  analisi  che accennavi prima,  furono sicuramente fatte ancor prima di iniziare a costruire,  vista l’esperienza millenaria nelle costruzioni  sotterranee,  che  avevano  i  terrestri. 
Eppoi abbiamo delle testimonianze dell’epoca, anch’esse tramandate,  sullo esatto momento del disastro. -
  - Oh, beh!   Se le testimonianze,  a patto che fossero attendibili,  non furono al momento trascritte, sono pur sempre dei racconti travisati.

-Si,  è  vero.   Infatti,  abbiamo versioni diverse,  ma  con  un'unica matrice in comune.   E di questo, sono certa! – disse.

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