3
S’alzò, allungò la mano, gli prese la sua e lo invitò a seguirla. Uscirono dalla sala, attraversarono prima un breve corridoio, poi un altro, entrarono in un ascensore che silenziosamente li portò a meno tre piani di profondità.
Giunti a destinazione, la porta dell’ascensore si aprì mostrando, a distanza ravvicinata, una seconda di metallo, completamente nera, e, senza che Trevize se ne rendesse conto, si trovò a varcarla, che la stessa era sparita. Rimase esterrefatto tanto da lasciarsi sfuggire più di un esclamazione tanto che la donna, divertita e al contempo orgogliosa, gli disse:
- E’ una “pseudoporta”, un recente prodotto della nostra tecnologia -
- Pseudoporta? -
- Si, è solo una proiezione olovisiva abbinata ad un impenetrabile campo di forza.
Ma vieni, lasciamo stare questo giocattolo. -
E… così dicendo, lo trascinò fin dentro a quel che era lo Studio personale, il suo rifugio segreto.
Il luogo dove nessun altro essere umano, tranne lei, non aveva mai messo piede; spazioso, moderno, spoglio, fin troppo secondo i gusti di Trevize.
Migliaia di videolibri raccolti in nicchie ricavate nella parete di destra la riempivano; su quell’ opposta uno schermo olografico completo di videolettore integrato nella parete stessa.
Posto al centro della stanza, più verso la parete che non la porta, una scrivania semicircolare con il solo, ormai insostituibile computer al centro; con annessa una sedia poltronata e null’altro.
L’aspetto scarno dell’intera stanza nascondeva, però, quasi sicuramente, molteplici altre funzionalità, come lo stile e la moda del momento imponeva.
Infatti, Mitza si avvicinò alla parete dietro la scrivania, la toccò ed una sezione della stessa svanì rivelando una leggera cavità, nella quale faceva mostra di se una rappresentazione grafica. Prima che si rendesse perfettamente conto della reale rappresentazione, Trevize, non ebbe dubbi sulla natura, non appena vide Mitza effettuare con teatralità diversi gesti scaramantici, alcuni già visti in precedenza.
Come quello di poggiare il palmo della mano sul petto e con l’altra toccare in rapida sequenza prima la fronte, poi la spalla sinistra, quella destra, poi l’altra mano, ancora poggiata sul petto, ed infine unirle entrambe, a palmo a palmo, con le dita rivolte in su fino a toccarsi il mento.
Gesti non solo incomprensibili ma, per Trevize, per nascita e cultura, inaccettabili tanto che, per quieto vivere e memore della promessa fattale, s’impose di non commentarli, al punto di distrarsi volutamente, applicandosi a studiare il meccanismo della pseudoporta.
Al termine della “rappresentazione teatrale”, la donna si rivolse a Trevize, ancora intento nella sua “distrazione” e, come interpretando il suo pensiero, gli disse: - Se vuoi ti do una dimostrazione. - - Una dimostrazione? Di cosa? – rispose come destandosi. Nel frattempo Lizalor messasi a sedere sull’unica sedia posizionata al centro della scrivania, aveva già azionato il dispositivo di controllo integrato nel piano stesso ed accertatasi dell’ esatta posizione di Trevize, sfiorando una delle tante icone apparse, fece alzare una piccola sezione del pavimento di circa un metro quadro con annesso cubo d’ugual misura sottostante.
L’inatteso “piedistallo”si rivelò essere in realtà una tecnologica poltrona e solo al termine dell’avvenuta automatica e lenta trasformazione. – Siediti, Golan, - lo invitò e subito dopo continuò - alla tua destra, accanto alla mano, trovi i comandi della regolazione, se vuoi puoi adattarla a tuo piacimento. – Per ora va bene così, grazie, ha l’aria d’essere comoda. - – Lo è, molto di più di quanto credi.
Sfiorò un’altra icona ed in rapida successione s’ aprirono, anzi svanirono, numerosi altri pannelli murali rilevando cavità piene d’oggetti, i cui colori e forme diverse riempirono ed abbellirono l’ambiente non più spoglio. - Oh, ora sì che sembra un ambiente caldo, accogliente, femminile. - Mah sarà, dopo un po’ alla fine ti annoia.
Invece, così… -e sfiorando un’altra icona, il tutto svanì. Le pareti ritornarono vuote, uniformi, di un tenue colore perlaceo; no avorio; no sabbia; cambiarono progressivamente e gradatamente di colore.
Con strabilianti effetti i colori sfumarono, si mescolarono sovrapponendosi.
Una chiazza nera iniziò ad espandersi fino a riempire l’intera stanza, soffitto e pavimento compreso.
L’illuminazione si spense, il buio assoluto avvolse l’ambiente.
Un puntino luminoso attirò l’attenzione, un secondo e poi ancora a migliaia, milioni di stelle luccicarono nel buio. Interi sistemi planetari si presentarono ai loro occhi. Informi asteroidi rotolavano sfrecciando in varie direzioni, mentre l’intero firmamento restava immobile. – Spettacolare – disse Trevize, - sembra di essere nello spazio. - - Possiamo anche atterrare su di un pianeta, - rispose Mitza Il tutto si mosse a velocità sempre più maggiore. Un immenso pianeta riempì la stanza; attraversarono l’atmosfera; sfiorarono imponenti monti innevati; sorvolarono foreste impenetrabili e discese ardite di acque, che per distese immense arrivarono al mare, limpido, cristallino. Un’improvvisa ondata fece sobbalzare Trevize. No!
Non era un’onda, si erano tuffati, immersi in quelle acque.
Un affascinante mondo subacqueo, con i suoi meravigliosi abitanti li sommerse.
Con dispiacere di Trevize lo spettacolo ebbe fine. – Quello che hai appena visto, Golan, è solo un’infinitesima parte di ciò che è possibile fare.
Non ci sono limiti alla programmazione, alla fantasia; è possibile, se si vuole, abbinare ai colori, alle immagini, anche i suoni, gli odori e persino le temperature e l’effetto è talmente realistico da risultare, a volte, sconvolgente.
-Ma ora vieni, in fondo non è per questo – con un gesto plateale della mano indicò l’ambiente circostante – che ti ho condotto qui. – Gli fece, così, rivedere nuovamente, da vicino e con maggiore attenzione quello che rappresentava il disegno, perché in realtà questo era un disegno fatto da mano ignota, leggermente sbiadito dal tempo.
Una gran voragine non ancora profonda; migliaia d’umani accalcati nel tentativo di salvarsi; un edificio troncato in più parti, già parzialmente sprofondato; un raggio luminoso, tenue, trasparente copriva l’intera area della voragine, assottigliandosi verso l’alto.
Un secondo al suo interno, più denso saliva uniforme dai resti dell’edificio, fino ad unirsi al primo.
Sembrava un enorme bicchiere“flute” capovolto e senza la base: gli spiegò come ne era venuta in possesso delle diverse teorie sulla natura del raggio formulate a suo tempo e successivamente poi abbandonate.
Nel frattempo, Trevize, allontanato lo sguardo dal disegno, iniziò a strofinarsi a più riprese, con il pollice e l’indice della mano destra, il proprio mento, lasciando trasparire il profondo disagio, l’ansia scaturita dal conflitto interno che lo attanagliava. Mitza che lo osservava fin dall’inizio, resasi conto dello stato in cui versava il suo compagno intuendone la natura, avvicinandosi, pacatamente disse:
- Proprio non ti riesce. –
E senza dargli alcun opportunità di risposta, proseguì :
- Mi hai fatto una promessa, immagino quanto ti sia costato mantenerla fin che hai potuto.
- Preferisco liberarti che vederti così.– - Si, lo so che te lo promesso. Come so anche che non bisogna discutere sui gusti, sulla fede politica religiosa o quant’altro; ne ho intenzione di farlo, ora. Avrei solamente delle osservazioni e mi piacerebbe esporle. – - Se sono solo delle semplici osservazioni potevi tranquillamente esporle anche prima, senza alcun problema. – - Potevo, ma visto l’argomento, ho preferito diversamente. – Proseguendo disse :
– Se si escludono le cause naturali e quelle sovrannaturali, ci restano solo quelle artificialmente provocate, come il raggio del disegno lascia supporre , ammesso che sia confacente a quanto realmente avvenuto.
anche i suoni, gli odori e persino le temperature e l’effetto è talmente realistico da risultare, a volte, sconvolgente a quanto realmente avvenuto. Purtroppo non si riesce ad individuarne la direzione. Se la stessa fosse verso il basso si potrebbe supporre un intervento dall’alto o addirittura dallo spazio.
Diversamente, cioè verso l’alto, si potrebbe, invece, ipotizzare un’esplosione interna, sotterranea.
In entrambi i casi, e ne sono convinto, i “tuoi medievalisti” avevano un ruolo chiave nella vicenda. Secondo me, dovevano possedere il motivo generante l’eventuale attacco distruttivo o causante, la sempre eventuale, esplosione.
Ed è un peccato, un vero peccato. Eppure ero lì in quei luoghi. Ma davvero ero lì? Perché….
Con dolore gli ritornò nella mente il ricordo di una memoria mai stata sua. Per quanti sforzi avesse fatto in quei giorni: nulla! I ricordi veri, vivi della sua memoria erano fermi al giorno della partenza dal pianeta che ora lo ospitava. I restanti, confusi vagavano erranti nella memoria.
Come ombre davanti agli occhi, fugaci apparivano, struggendosi. Indistinte immagini, suoni echeggianti, soffocanti sensazioni. Che vale soffocare i ricordi se l’anima ancora n’è piena?
La notte che venne, come le altre che furono, nuovamente lo trascinò al tempo dell’oblio. Si rivide oziare nell’attesa; si rivide disperato nella ricerca; si rivide errante nel dolore, Tutto era confuso intorno a se, era rimasto solo e il dolore lo faceva impazzire quando pensava che Janov Pelorat, il suo più caro amico, non c’era più.
Nessun commento:
Posta un commento