domenica 26 maggio 2013

L'UOMO DELLA FONDAZIONE Parte Prima Cap. 3


                                                3

                                                 
    S’alzò, allungò la mano, gli prese la sua e lo invitò a seguirla. Uscirono dalla sala,  attraversarono prima un breve corridoio,  poi  un altro,  entrarono in un ascensore che silenziosamente li portò  a  meno tre  piani di profondità.


  Giunti a destinazione,  la porta dell’ascensore  si  aprì  mostrando,  a  distanza  ravvicinata,  una  seconda di metallo,    completamente nera,  e,  senza  che  Trevize  se ne rendesse conto,  si trovò a varcarla, che la stessa era sparita.                                                   Rimase esterrefatto tanto da lasciarsi sfuggire più di un esclamazione tanto  che  la  donna,  divertita  e  al  contempo  orgogliosa,  gli disse:          
- E’ una “pseudoporta”,  un recente prodotto della nostra tecnologia -
- Pseudoporta? -
  - Si,  è  solo una  proiezione olovisiva  abbinata  ad un impenetrabile campo di forza. 
 Ma vieni, lasciamo stare questo giocattolo. -         
  E…  così dicendo,  lo trascinò  fin  dentro  a  quel  che  era  lo  Studio personale,  il suo rifugio segreto.  
Il  luogo  dove  nessun  altro essere umano,  tranne lei,  non aveva mai  messo piede;  spazioso,  moderno, spoglio, fin troppo secondo i gusti di Trevize.  
 Migliaia di  videolibri raccolti  in  nicchie  ricavate  nella  parete  di destra la riempivano;  su quell’ opposta  uno  schermo  olografico completo di videolettore integrato nella parete stessa.  
Posto al centro della stanza, più verso la parete  che  non  la porta,  una  scrivania  semicircolare con il solo, ormai insostituibile  computer  al  centro;  con annessa una sedia poltronata e null’altro.   
L’aspetto scarno dell’intera stanza nascondeva, però, quasi sicuramente,  molteplici altre  funzionalità,  come lo stile e la moda del   momento imponeva.     
Infatti, Mitza  si avvicinò  alla parete dietro la scrivania,  la  toccò  ed  una  sezione  della stessa svanì rivelando una leggera cavità,  nella  quale  faceva  mostra  di se una rappresentazione grafica.  Prima  che  si rendesse perfettamente conto della reale rappresentazione,  Trevize,  non  ebbe  dubbi sulla  natura,  non 
appena  vide  Mitza  effettuare  con  teatralità  diversi gesti scaramantici, alcuni  già visti in precedenza.                     
  Come  quello  di  poggiare  il  palmo  della mano sul petto e con l’altra  toccare in rapida sequenza prima la fronte,  poi la spalla sinistra, quella destra,  poi l’altra mano,  ancora  poggiata  sul  petto,  ed  infine  unirle entrambe,  a palmo  a  palmo,  con le dita rivolte in su fino a toccarsi il mento.
  Gesti non solo incomprensibili ma,  per Trevize,  per nascita e cultura,  inaccettabili tanto che,  per  quieto vivere e memore della promessa fattale,  s’impose di non commentarli,  al punto di distrarsi volutamente, applicandosi a studiare il meccanismo della pseudoporta.                      
 Al termine della  “rappresentazione teatrale”,  la  donna  si  rivolse a  Trevize,  ancora intento nella sua “distrazione” e, come interpretando il suo pensiero, gli disse:                                                                          -   Se vuoi ti do una dimostrazione. -                                                                -   Una dimostrazione?  Di cosa? – rispose come destandosi.                Nel frattempo  Lizalor   messasi a sedere sull’unica sedia posizionata al centro della scrivania, aveva già  azionato il dispositivo di controllo integrato  nel  piano  stesso ed  accertatasi dell’ esatta posizione di  Trevize, sfiorando una delle tante icone apparse,  fece alzare una piccola sezione del pavimento di circa un metro quadro con annesso cubo d’ugual misura sottostante.
L’inatteso “piedistallo”si rivelò essere in  realtà  una  tecnologica  poltrona  e  solo  al termine dell’avvenuta automatica e lenta trasformazione.                                                                                       –   Siediti, Golan,  - lo invitò e subito dopo continuò - alla tua destra, accanto alla mano,  trovi i  comandi della regolazione, se  vuoi   puoi  adattarla a tuo piacimento.                                                                      –   Per ora va bene così, grazie, ha l’aria d’essere comoda. -                     –   Lo è, molto di più di quanto credi.
Sfiorò un’altra icona ed in rapida successione s’ aprirono, anzi svanirono, numerosi altri pannelli murali rilevando cavità piene d’oggetti, i cui colori e  forme  diverse  riempirono  ed  abbellirono  l’ambiente non più spoglio.                                                                                              -   Oh, ora sì che sembra un ambiente caldo, accogliente,  femminile.   -  Mah sarà,  dopo un po’ alla fine ti annoia.  
 Invece, così… -e sfiorando un’altra icona, il tutto svanì.                                                   Le pareti ritornarono vuote, uniformi, di un tenue colore perlaceo;  no avorio;  no sabbia; cambiarono  progressivamente  e  gradatamente di colore. 
Con strabilianti effetti i colori sfumarono, si mescolarono  sovrapponendosi.   
Una  chiazza  nera iniziò ad espandersi fino a riempire l’intera stanza, soffitto e pavimento compreso.
L’illuminazione si spense, il buio assoluto avvolse l’ambiente.    
Un puntino luminoso attirò l’attenzione,  un secondo e  poi  ancora  a migliaia,  milioni di stelle luccicarono nel buio.                                                                                                  Interi sistemi planetari si presentarono ai loro occhi.                     Informi  asteroidi  rotolavano  sfrecciando in varie  direzioni,  mentre l’intero firmamento restava immobile.                                                                                       –  Spettacolare –   disse Trevize,  -  sembra di  essere nello spazio. -                                                                                                   -  Possiamo anche atterrare su di un pianeta, - rispose Mitza              Il tutto si mosse a velocità sempre più maggiore.                                  Un immenso pianeta  riempì  la  stanza;   attraversarono  l’atmosfera; sfiorarono imponenti monti innevati;  sorvolarono foreste impenetrabili e discese ardite di acque,  che  per distese  immense arrivarono al mare, limpido, cristallino.                                                   Un’improvvisa ondata fece sobbalzare Trevize.                                 No! 
Non era un’onda, si erano tuffati, immersi in quelle acque.       
  Un affascinante mondo subacqueo,  con i suoi meravigliosi abitanti li sommerse.
 Con dispiacere di Trevize lo spettacolo ebbe fine.                               –   Quello che hai appena visto,  Golan,  è  solo un’infinitesima parte di ciò che è possibile fare.  
 Non ci sono limiti alla programmazione, alla fantasia;   è possibile,  se si vuole, abbinare ai colori, alle  immagini,  anche  i  suoni,  gli odori  e  persino le temperature e l’effetto è talmente realistico da risultare, a volte, sconvolgente.                                        
  -Ma ora vieni, in fondo non è per questo – con un gesto plateale della mano indicò l’ambiente circostante – che ti ho condotto qui. –                                                   Gli fece,  così, rivedere nuovamente, da vicino e con maggiore attenzione quello che rappresentava il disegno, perché in realtà  questo era   un disegno fatto da mano ignota, leggermente sbiadito dal tempo. 
Una gran voragine non ancora profonda;  migliaia  d’umani accalcati  nel tentativo di salvarsi; un edificio troncato in più parti, già  parzialmente sprofondato;  un  raggio luminoso,  tenue, trasparente  copriva l’intera area della voragine, assottigliandosi verso l’alto. 
Un secondo   al suo interno,  più denso saliva uniforme dai resti  dell’edificio,  fino ad unirsi al primo.
 Sembrava un enorme bicchiere“flute” capovolto e   senza la base:  gli spiegò come ne era venuta in possesso delle diverse  teorie sulla natura  del raggio formulate a suo tempo e successivamente poi abbandonate.
Nel frattempo,  Trevize,  allontanato lo sguardo dal disegno,  iniziò  a strofinarsi a più riprese,  con il pollice e l’indice della mano destra,  il proprio mento, lasciando trasparire il profondo disagio,  l’ansia scaturita dal conflitto interno che lo attanagliava.   Mitza   che lo osservava fin dall’inizio, resasi conto dello stato in cui versava il suo compagno intuendone la natura, avvicinandosi, pacatamente disse:                   
    -  Proprio non ti riesce. –
E senza dargli alcun opportunità di risposta, proseguì :
-  Mi hai fatto una promessa, immagino quanto ti sia costato mantenerla fin che hai potuto.  
- Preferisco liberarti che vederti così.–                                                                                                  -   Si, lo so che te lo promesso.                                                       Come so anche che non bisogna discutere sui gusti, sulla fede politica  religiosa o quant’altro;  ne ho intenzione di farlo, ora.                      Avrei solamente delle osservazioni e mi piacerebbe esporle. –                                                                              -   Se  sono  solo  delle  semplici  osservazioni potevi tranquillamente esporle anche prima, senza alcun problema. –                                      -   Potevo, ma visto l’argomento, ho preferito diversamente. – Proseguendo disse :        
 – Se si escludono le cause naturali  e quelle sovrannaturali, ci restano solo quelle artificialmente provocate,  come il raggio del disegno lascia supporre , ammesso che  sia  confacente a quanto realmente avvenuto.                                                    
 anche  i  suoni,  gli odori  e  persino le temperature e l’effetto è talmente realistico da risultare, a volte, sconvolgente  a quanto realmente avvenuto.                                                    
                                         
     Purtroppo non si riesce ad individuarne la direzione.                          Se  la  stessa  fosse  verso  il basso si potrebbe supporre un intervento dall’alto o addirittura dallo spazio.
 Diversamente, cioè verso l’alto, si potrebbe, invece, ipotizzare un’esplosione interna, sotterranea.           
 In entrambi i casi,  e ne sono convinto,  i  “tuoi medievalisti” avevano un ruolo chiave nella vicenda.  Secondo  me,  dovevano  possedere  il motivo generante l’eventuale attacco distruttivo o causante, la sempre eventuale, esplosione.  

                      Ed è un peccato, un vero peccato.                                                                                                           Eppure ero lì in quei luoghi.                                                                                                          Ma davvero ero lì?                                                                                         Perché….




Con  dolore  gli ritornò nella mente il                                                ricordo di una memoria mai stata sua.                                                                                                                     Per quanti sforzi avesse fatto in  quei  giorni:  nulla!                               I ricordi veri,  vivi della sua memoria erano fermi al                        giorno della partenza dal pianeta che ora lo ospitava.                                                  I  restanti, confusi vagavano  erranti  nella  memoria.
Come ombre davanti agli occhi, fugaci apparivano, struggendosi.   Indistinte immagini, suoni echeggianti, soffocanti sensazioni.           Che vale soffocare i ricordi se l’anima ancora n’è piena?
La notte che venne, come le altre che furono,                            nuovamente lo trascinò al tempo dell’oblio.                                           Si rivide oziare nell’attesa;                                                                     si rivide disperato nella ricerca;                                                             si rivide errante nel dolore,                                                                 Tutto  era confuso intorno a se,  era rimasto solo e                                   il  dolore lo faceva impazzire quando pensava che                          Janov Pelorat, il suo più caro amico, non c’era più.


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